giovedì 30 agosto 2007

Cinque buone (?) ragioni per il mio blog

Sono stato nominato dal caro quasi concittadino e compagno di lotta Elfo Bruno, al secolo Dario Accolla, per proseguire una catena tra blog: Cinque buoni motivi per cui ho un blog.

1) Il primo motivo per cui ho fatto questo blog, soltanto pochi mesi fa, è stato poter partecipare appieno all'esperienza del nuovo aggregatore GayToday.it che era appena nato dal lavoro di un eccezionale gruppo di amici e conoscenti accomunati dal desiderio di fare qualcosa in più per unire e sostenre il movimento per i diritti GLBT.
2) In secondo luogo mi piace poter avere uno spazio autonomo dove poter dire in modo meno vincolato del solito quel che penso. Quando si hanno delle “responsabilità” di rappresentanza in ambito politico questo non sempre è possibile o conveniente, ma il carattere più privato di questo spazio mi garantisce maggiore spazi di autonomia.
3) Mi piace poter stimolare dibattiti e scambi di idee; mi piace dare anche in questo modo un contributo al confronto civile e democratico su alcune tematiche che mi interessano e alla promozione di diritti e impegno sociale e politico.
4) Un pizzico di egocentrismo, che colpisce quasi tutti i gay (e non solo) rende piacevole avere uno spazio tutto dedicato all'autorappresentazione, una piccola finestra pubblica sul mio modo di essere e pensare.
5) Infine per chi sta tante ore al computer come me è un buon modo per starci ancora di più, ma almeno avendo l'impressione di fare qualcosa di interessante (almeno si spera) e utile (magari)

Ora viene la parte più difficile quella di passare il testimone che considerando la mia “giovinezza” in questo ambiente non è cosa semplice. Allora: Sciltian Gastaldi, amico lontano che ha solo di recente scoperto il mio blog, e che ne ha uno bellissimo e, a quanto so molto letto; Guido Allegrezza, che è un altro blogger di esperienza e una delle persone che conosco che riescono a coniugare meglio ironia e acutezza di pensiero; Riccardino Camilleri, perché ammiro la sua energia e la sua creatività, ma non ne condivido le posizioni sulla chiesa, Fabio - Fireman, che so mi legge spesso e lascia spesso i suoi commenti qui perché ha un carattere all'apparenza ostico (e forse non apprezzera' la mia nomina) ma che lascia trasparire una gran pella personalità, inoltre nel suo blog riesce spesso a trattare questioni spinose e difficile con sottile e penetrante concisione di pensiero; Galamay, che ha fatto una breve apparizione sul mio blog qualche tempo fa e poi è sparito ma mi sembra un ragazzo positivamente folle. Avrei nominato anche altri, ma non so se hanno blog individuali e mi sono voluto limitare (a parte l'ultimo) a persone che consco anche fuori della virtualità di internet.

I vescovi contro la 194

"La 194 ha ormai trent'anni, e li dimostra. Forse le servirebbe un tagliando". Lo afferma il quotidiano dei vescovi italiani "Avvenire" in un'editoriale a firma di Eugenia Roccella, già militante femminista e poi portavoce del Family Day.
Che dopo la legge sulla fecondazione assistita ci fosse nel mirino dei vescovi la 194 era chiaro a tutti, e del resto gia' i vessilliferi e i corifei del centrodestra, dei partiti cattolici e dei vari comitati scienza e vita avevano lanciato delle iniziative volte almeno a una rilettura della 194. Adesso ci pensano i vescovi a rilanciare l'argomento, approfittando del momento favorevole e della ignavia del nascente PD.
Lasciatami essere politicamente scorretto e anche poco diplomatico.
Parafrasando la Roccella voglio ricordare che la Lettera ai Romani di un tale visionario sopravvalutato noto come Paolo di Tarso, troppo spesso sbandierata per i suoi contenuti antiomosessuali, ha quasi 2000 anni e li dimostra per intero, piu' che pensare a tagliandi io la userei per il caminetto. La setssa chiesa cattolica ha quasi 2000 anni e anche lei se li porta male. Lo Stato della Chiesa, riesumato coi Patti Lateranensi da Mussolini nel 1929 (78 anni), e' un pezzo di medioevo sopravvissuto all'illuminismo, uno degli ultimi regimi di monarchia assoluta e autocratica in Europa che pretende di dare lezioni su come gli altri dovrebbero vivere, legiferare e governare i loro paesi. Il Papa Ratzinger ha superato gli ottanta anni e ne dimostra almeno 100, come dimostra, tra le altre cose, la fresca idea di riproporre la messa in latino...
Quanti hai, Roccella?

mercoledì 29 agosto 2007

Gerusalemme: Gli Orsi della tolleranza

The United Buddy Bears The Art of Tollerance, è il nome dell'esposizione di orsi colorati che campeggia nella piazza municipale di Gerusalemme. Sono carini, alcuni portano scritto un messaggio come quello argentato che recita “respect for all life”.
Ma soprattutto a me hanno fatto pensare alla comunità bear (orsa) gaya, e così voglio dedicare queste foto e questo post a loro, Orsi di tutto il mondo uniti, che con quel giocoso rapporto col corpo e con un estetica decisamente distante dai canoni imposti dai media ci dimostrano quanto sia bella la diversità e vario il modo di apprezzarla e trarne piacere.
Viva gli Orsi!









martedì 28 agosto 2007

MALATI DI AIDS SEPOLTI VIVI IN PAPUA NUOVA GUINEA

Leggo con orrore la notizia pubblicata tra le flash Ultim'ora di Repubblica.it alle 23 di eri sera:
Port Moresby (Papua Nuova Guinea), 23:01
MALATI DI AIDS SEPOLTI VIVI IN PAPUA NUOVA GUINEA
Sepolti vivi perche' malati di Aids. E' quello che succede a coloro che contraggono la malattia negli altopiani meridionali della Papua Nuova Guinea, secondo quanto ha raccontato l'attivista Margaret Marabe alla Bbc. La Marabe, che lavora per una onlus della capitale, Port Moresby, e' appena tornata da un viaggio di cinque mesi nelle aree piu' remote del Paese. "Ho visto con i miei occhi inumare tre persone ancora vive, una ha anche gridato 'mama mama' mentre gli gettavano la terra sulla testa", ha detto la volontaria. Alcuni abitanti del luogo le hanno confermato che questa e' una pratica frequente. Una scelta fatta dai parenti degli ammalati per non vedere soffrire i loro cari o per la paura di essere contagiati.
La Papua Nuova Guinea sta fronteggiando una vera epidemia di Aids, con il 2 per cento dei sei milioni di abitanti gia' infetti e il 30 per cento di nuovi casi in piu' ogni anno. La Marabe ha chiesto al governo di intervenire, perche' la popolazione di vaste aree del Paese e' all'oscuro della malattia e non riceve aiuti, ne' informazioni su come prevenire il contagio.

Bethlehem imprigionata




Ieri sono stato a Bethlehem per incontrare alcuni responsabili della locale Camera di Commercio, allo scopo di reperire dati, informazioni e indicazioni utili per la mia ricerca di dottorato.
Ero già stato a Bethlehem nel 2005, e ne conservavo un ricordo molto particolare legato all'orrendo muro di cemento allora in fase avanzata di costruzione. Mi aveva colpito la sua vicinanza alle prime case dell'abitato palestinese, il senso smarrito di prigionia degli abitanti, la crisi economica quasi disperata del settore turistico legato ai pellegrinaggi, e di tutta un'economia imbrigliata e compressa.
Oggi, a due anni di distanza, il muro e completo, se possibile ancora più brutto e crudele di quanto già non apparisse solo due anni fa. Un enorme centro di check point fisso ha sostituito la garitta precedente, e già le scritte di indicazione mi hanno destato un certo stupore. Infatti io desideravo entrare a Bethlehem, ma le indicazione che conducevano alla città erano inequivocabilmente EXIT (all'inverso uscendo dalla città si doveva seguire l'indicazione ENTRANCE. Solo più tardi, goffamente, ho capito che semplicemente si faceva riferimento al punto di vista israeliano e basta: per entrare a Bethlehem si esce dall'area controllata dalle autorità israeliane e viceversa si rientra in territorio di controllo israeliano.
L'imponente muro di cemento, alto a occhio e croce 10 o 15 metri è sormontato da torrette di guardia e filo spinato e si invagina dentro l'abitato, tanto che il taxi che mi ha condotto alla Camera di Commercio l'ha costeggiato per un tratto; studiando la mappa, in seguito mi sono reso conto che ci sono addirittura delle sacche completamente rinchiuse dal muro, anche se non se ne evince a un primo sguardo la logica. Sul lato interno abbondano le scritte contro l'occupazione, contro il muro, alcune parlano di ghetto, una fa riferimento alla terribile esperienza del ghetto di Varsavia, una scritta evoca la lotta armata armata basca, a volte ci sono semplici urla di dolore o murales (nota: il muro è stato dichiarato illegale da un parere non vincolante della Corte Internazionale de L'Aia).
Non ho visitato la città questa volta ma, parlando con i referenti con cui avevo un contatto (un ragazzo parla anche molto bene l'italiano studiando a Perugia) ho scoperto che grazie a un progetto della cooperazione italiana, assieme alla Regione Friuli e alla Provincia di Pisa, si è allestita una mostra permanente che raccoglie tutte le produzioni locali, prima difficilmente apprezzabili tutte insieme perché sparse sul territorio. Marmo, artigianato di legno, di madreperla, di ricamo, prodotti chimici e per la bellezza, per l'edilizia, ceramiche, naturalmente prodotti agricoli (vino, olio, mandorle) e poi anche prodotti tessili per Calvin Klein e altri importanti marchi internazionali. Mi spiegavano che anche qui il settore tessile ha subito la forte concorrenza cinese e allora, proprio su esempio e indicazione italiana si è puntato su produzioni di qualità e si è sviluppato un marchio di origine che garantisce e promuove questa qualità.
Guardando dalla finestra di uno di questi uffici ho notato dei massicci agglomerati di palazzine, sulle colline di fronte, senza neanche un albero. Erano i nuovi insediamenti israeliani subito fuori il muro, ancora vuoti ma pronti ad ospitare 50.000 nuovi coloni, poveri, appena immigrati da qualche parte del mondo. Fino a cinque anni fa erano coperte di ulivi appartenenti a Bethlehem.
Anche l'Università, presso la quale abbiamo pranzato, sembra quasi un fortino piuttosto che un luogo di studio, con le sue mura alte sormontate da lunghe sbarre verdi per proteggersi dall'assedio dei tank israeliani durante l'intifada.
Non mi piace prendere posizioni preconcette, e qualcuno dice che grazie a questo muro si è posto fine all'ondata di attentati suicidi che hanno colpito Gerusalemme, ma una cosa mi sembra certa: gli effetti su Bethlehem sono devastanti, e crudeli (aggravati dalla grande difficoltà per i palestinesi residenti di ottenere permessi di passaggio e di entrata a Gerusalemme distente solo 15 minuti di autobus) e risulta difficile non vedere il tentativo di occupare e impadronirsi di nuovo territorio per allargare l'area isareliana di Gerusalemme.
A me è risultato impossibile andare senza un enorme senso di pesantezza e tristezza.
In chiusura voglio segnalarvi questo sito di un'associazione israeliana che si batte contro i soprusi dell'occupazione. Hanno una sede nella città vecchia e spero di visitarla e capiremegliocomelavorano domani odopodomani. L'impegno sociale e politico non è sempre diffuso quello per la difesa dei diritti di altri che molti nostri concittadini considerano nemici mi sembra davveroecomiabile.

Il contrappasso del senatore USA omofobo.

Si apprende oggi che il Senatore USA Larry Craig (foto reuters), esponente della destra religiosa americana e fiero oppositore dei matrimoni omosessuali e anche dell'estenzione della legge contro gli hate crimes anche alle violenze omofobe, e' stato arrestato e multato all'aereoporto di Minneapolis lo scorso 11 giugno per aver provato ad abbordare un poliziotto in borghese nei bagni (evidentemente tuttoilmondo e' paese).
Certo il poliziotto ha dimostrato poca ironia, forse spinto dalle intransigenti e moraliste posizioni degli stessi conservatori religiosi di cui Craig, sessantduenne sposato e padre di tre figli, fa parte. Ma in questo caso possiamo forse dire che ben gli sta!
Questo episodio ricorda vagamente quanto accaduto a un parlamentare italiano dell'UDC, protagonista di una storia di droga e sesso a pagamento, e supporta la tesi di chi sostiene che dietro certi attegiamenti e posizioni violentemente omofobe si di molti politici e esponenti religiosi in realta' si nasconda spesso una omosessualita' "repressa" (Calderoli, Volonte', Bagnasco, farebbero bene ad ascoltare).

Forse questi presunti cristiani dovrebbero recuperare la saggia massima biblica "chi e' senza peccato scagli la prima pietra".

sabato 18 agosto 2007

Capaccio-Sorrento: colpi di sole omofobi e ancora baci

Che estate! Sembra che i sindaci di tutto la stivale da Nord a Sud si siano dati il passa parola e abbiano deciso di proseguire nell'infiammare gli animi e le povere coronarie di Grillini, costretto a una maratona di baci snervante!
Dopo la sparata nazista di Gentilini, che nonostante le critiche tiene salda la sua poltrona e raccoglie anche la solidarieta' dei pasdarn leghisti, l'omofobia dei primi cittadini si trasferisce al Sud dove il sindaco di Capaccio, tale Pasquale Marino - prima d'ora illustre sconosciuto - a margine di una retata della polizia in una pineta che avrebbe colto diversi uomini intenti a fare del sesso (che cosa abovinevole il sesso) dichiara scandalizzato: "Non ci sono parole per descrivere un simile comportamento, sono episodi di una gravità assoluta, è gente malata che andrebbe ricoverata". E non contento continua "Per quanto ci riguarda rifiutiamo i soldi che abbiano una matrice gay, non credo che possano creare un indotto per la nostra città, in ogni caso, sono soldi che non vogliamo. Noi accettiamo solo il denaro di gente per bene e tranquilla senza strane idee per la testa". E dire che Marino dirige una giunta di centrosinistra, a dimostrazione che l'omofobia cieca non ha prorpio confini politici nel nostro paese. Sembra quasi che annoiato della piatta calma del suo paesello marinaro questo oscuro primo cittadino voglia provare a emulare i polizieschi americani o a immaginarsi sindaco di piu' "problematici" centri campani e cosi' anziche' parlare di soldi di matrice cammorista, parla di soldi di matrice gay... che neologismi! Speriamo che almeno la maggioranza di centrosinistra sappia davvero segnare la differenza rispetto a Treviso, andando oltre le condanne verbali di rito per costringere a passi concreti e formali la giunta, e il sindaco, magari mandandolo anche a casa a ragionare sull'utilizzo civile e corretto del linguaggio.
Poi rincara la dose il sindaco di Sorrento, Marco Fiorentino (tansitato da FI all'UDEUR) che non spende una parola in difesa di un dipendente della sua amministrazione sbattuto sulle pagine di un giornaletto di provincia per aver pubblicato un annuncio su un sito gay (episodio gia' grave di per se', in verita'), ma trova tanto fiato per definire "provocatoria e offensiva" la manifestazione organizzata da Arcigay Napoli di fronte al suo municipio.
la manifestazione? sara' ancora una volta un kiss-in, un bacio pubblico collettivo, che sembra diventato il vero marchio distintivo delle manifestazioni gaye di questa estate, lo spauracchio da sventolare sotto i balconi dei sindaci omofobi che si credono podesta' e sulle pagine pruriginose della nostra annoiata stampa estiva.
Speriamo che con Sorrento e Capaccio si possa mettere la parola fine a questo ciclo, non foss'altro per risparmiarci l'ennesima verve oratoria di Cecchi Paone e perche' se cosi' non fosse vorrebbe dire che anziche' andare avanti da noi ci si avvita ancora con dichiarazioni omofobe tanto becere da non essere degne di nessun paese civile.

E poi i baci vorremmo tornare a darli per amore e per affetto, almeno in autunno!

venerdì 17 agosto 2007

Il ragazzino Elias

L'altro ieri un lungo volo notturno mi ha portato da Milano a Tel Aviv. La partenza alle 23 con arrivo previsto intorno alle 3:30 della notte mi facevano prevedere una traversata dedicata al sonno, ma il ragazzo seduto accanto a me non è stato d'accordo e ha attaccato quasi subito bottone, quindi mi sono “adattato” a fare una delle cose che più amo al mondo: CONVERSARE. E non dico chiacchierare volutamente perché a volte la chiacchiera si eleva sopra il livello medio e diventa conversazione.
Elias è un ragazzo arabo, cristiano ortodosso, palestinese, di cittadinanza israeliana (come è complicato definire l'identità civica in certi casi) che vive in un piccolo villaggio della Galilea nei pressi di Haifa. Ha 17 anni e va a scuola. Cosa ci faceva in Italia? Con un gruppo di 10 ragazzi e ragazze, israeliani, ebrei, arabi, palestinesi di tutte e tre le cosiddette “religioni monoteiste” e con altri giovani tedeschi e italiani ha partecipato a un campo di pace di ben 12 giorni organizzato dall'Unione Europea sull'appennino Emiliano. Molto religioso, e allo stesso tempo molto aperto e rispettoso delle altrui opinioni, vivace curioso, pur studiando scienze è appassionato di filosofia antica e del mito greco, parla bene l'inglese, è stato anche in America e il tutto unito alla semplicità di un sorriso spontaneo e di una quotidianità che lo porta ad aiutare tranquillamente i genitori nel negozio di scarpe di famiglia.
Anche durante il volo scherzava e giocava coi compagni israeliani e mi ha espresso più volte la felicità per l'esperienza appena vissuta che gli ha fatto trovare nuovi amici, e capire meglio le prospettive altrui su una questione di “grande politica” ma che poi condiziona le vite di tutti loro profondamente. Lui, per esempio, non ha mai potuto incontrare i nonni materni che, fuggirono durante la guerra del '48 e adesso a 60 anni di distanza vivono ancora in un campo profughi libanese senza poter rientrare pur avendo la figlia e i nipoti qui in Galilea. Si sentono per telefono, o tramite internet, ma chiaramente non è la stessa cosa e la sua stessa mamma, che pure ha un doppio passaporto israeliano e libanese, non è andata mai a trovarli per timore di non potere poi tornare in Israele dalla sua famiglia... Colpisce come in questo racconto triste, non ci fosse rancore o odio, ma rassegnazione - come si trattasse di una cosa naturale ormai – illuminata da una flebilissima speranza che le cose possano ugualmente cambiare, forse un giorno non lontano...
Dopo 12 giorni Elias aveva voglia di tornare a casa: “perché si capisce quanto sono importanti per noi certe cose solo quando ne sentiamo la mancanza”, e soprattutto stanco della pasta servita nel monastero di Monte Sole, voleva riassaggiare le delizie arabe preparate dalle mani di mamma. Molto italiano in questo, no?
Naturalmente ci siamo scambiati i contatti e mi ha anche invitato a visitare il suo villaggio in modo da poter assaggiare di persona le specialità di casa. Non so se andrò, ma intanto voglio dire ad Elias:
Auguri, spero che realizzerai i tuoi sogni e crescerai conservando questa apertura, curiosità e questo spirito di incontro. Spero che potrai vivere in un Paese finalmente in pace e che riuscirai ad abbracciare i tuoi nonni.

I Tetti di Gerusalemme

Oggi nella forte luce delle quattro del pomeriggio, addolcita appena dalla prima brezza serale che sempre rinfresca Gerusalemme, guardavo rapito i tetti della Città Vecchia, mangiando una pita con labane mentre la cantilena dei muezzin “Allah Akbaru” chiamava le folle dei fedeli alla preghiera del venerdì.
Sapete cosa domina il paesaggio di Gerusalemme dall'alto? Le cupole dei monasteri, delle chiese o delle sinagoghe? I campanili? I minareti? No, le assolute dominatrici sono le antenne paraboliche presenti a grappoli e in gran numero su tutte le terrazze, evidente simbolo di una modernità ineludibile.
Al secondo posto? I pannelli solari con i raccoglitori neri per produrre e conservare l'acqua calda “ad uso sanitario. Con il sole che si ha qui (come da noi in Italia) mi sembra una splendida scelta.

Certo il paesaggio ne è in parte offuscato e imbruttito e per nell'ammirazione il nostro cervello è obbligato a fare una pulizia inconscia di questi elementi tecnologici che sembrano fare a botte con il lucore delle pietre e la pretesa di antichità, di santità, o di eleganza di tanti edifici. Ma visto da un punto di vista più generale non c'è certo motivo per cui gli abitanti della città antica debbano essere privati della loro tv satellitare o dell'acqua calda a buon mercato fornita dal sole.
Piuttosto mi viene da pensare che stranamente in Italia siamo più indietro rispetto a qui su entrambi i fronti, dominati da un provincialismo duro a morire. Da noi, infatti il satellite si sta diffondendo soltanto negli ultimi anni, ma dominato da un operatore monopolista come SKY e dai suoi “pacchetti calcio” mentre i servizi liberi diffusissimi in tutto il mondo arabo sono spinti dai servizi di news forniti da al jazeera, al arabia o anche dai grandi network occidentali come CNN, NBC, o BBC e poi dai video di musica araba e dalla filmografia o serial tv egiziani... E anche se con i tetti non c'entra molto mi viene da aggiungere che passeggiando tra i vicoli del suk arabo al mattino è facile trovare molti, anche giovani, intenti a leggere il quotidiano locale Al Quds (Gerusalemme in arabo), e non credo che anche la pur stagionata carta stampata abbia tanto successo nel Bel Paese.
Quanto ai pannelli solari il nostro assolato paese non ha proprio scuse. Non so se qui c'è stata una specifica politica del governo, oppure il costo elevato dell'energia ha influito in modo determinante, ma non esiste casa in Israele e persino nei Territori Palestinesi che non disponga di impianti per produrre acqua calda con l'energia solare...
Forse dovremmo prendere esempio!

Valentino Rossi: I ricchissimi non pagano

Il caso scoppiato intorno all'osannato campione di motociclismo Valentino Rossi appare essere solo l'ultimo di una lunga serie di casi simili che sono emersi in passato coinvolgendo personaggi noti e meno noti dello sport, dello spettacolo o della grande finanza.
Che ci sia evasione fiscale o meno importa la finanza e le autorita' giudiziare che dovranno fare le verifiche e emettere i giudizi, ma legale o meno che sia il risultato per me rimane il medesimo: i ricchissimi (e forse anche i molto ricchi) cercano e trovano i sistemi piu' disparati e sofistiati per sottrarsi al fisco e non pagare le tasse, legali o meno che siano. E se scoperti con le mani nel barattolo della marmellata invocano pure la buona fede, magari senza contraddittorio e a reti unificate.
Supponiamo che il complesso sistema di societa' inglesi con azionisti in paradisi fiscali centro-americani e la fantomatica residenza a Londra del dottor Rossi siano un sistema perfettamente legale e funzionante di sottrarre le ingenti entrate di sponsor e ingaggi al fisco italiano. L'analisi e anche il giudizio "morale" cambierebbero di poco. Appare del tutto evidente, infatti, che lo scopo di questi intrecci societari a scataola cinese, di residenze a Montecarlo o in Lussemburgo o sulla Luna - che solo chi e' molto ricco (e magari anche un po' famoso) puo' permettersi - hanno il solo scopo di evitare di pagare le tasse nel proprio paese. E, visto il tipo di patrimonio e di reddito, non parliamo dell'operaio e nemmeno del dipendente o modesto commerciante che su uno stipendio di 1000 o 1500 o 2500 Euro mensili vuole risparmiare i 100 o 200 euro per pagare la rata del frigorifero, del computer o del motorino per il figlio o dell'automobile. Si parla di risparmi di milioni di euro (per chi di milioni ne ha gia' parecchi) che vengono sottratti alle spese per infrastrtture, istruzione, sanita' e altri servizi sociali e spesi per avere in garage una porche o una ferrari in piu', per poter acquistare una villa piu' grande in Florida, un lussuoso appartameneto a Londra e a Montecarlo, uno yacht nuovo fiammante da tenere ormeggiato a Portocervo dove poter serenamente spendere 2000 euro a bicchiere al billionaire...
Insomma poter mantere quello stretto indispensabile che persino un personaggio noto come Rossi (che per sua fortuna non ha bisogno di pagare conti al ristorante, vestiti, e altre cose che ottiene gratis, quando non pagato per prenderseli come pubblicita') deve pagare di tasaca propria.
Si sente tranquillo Rossi nell'organizzare tutti quei marchingegni (che immaginiamo abbiano anche un costo se non altro per i consulenti che lo devono seguire) al solo scopo di risparmiare milioni di tasse da sottrarre agli asili della sua ridente cittadina marchigiana? all'assistenza agli anziani? alle scuole, alla cura del territorio etc... Tanto tranquillo da invocare la simpatia degli italiani, che in media devono faticare molto piu' di lui per arrivare alla fine del mese, in un accorato videomessaggio (prontamente e servilmente trasemtsso in forma integrale dai principali telegiornali nazionali, inusuale megafono di UN personaggio).

Caro Valentino, i non mi intendo di moto e motori, ma un persnaggio noto come te, che riscuote istintiva simpatia del pubblico e che deve a questa e all'affetto di tantissimi italiani, gran parte della sua fortuna economica (che non basta vincere tante gare per ottenere milioni di psonsorizzazioni) non sente il dovere di restituire alla societa' parte di quel che gli viene dato anziche' incaricare i "suoi commercialisti" di fargli risparmiare il piu' possibile con tutti i mezzi consentiti (e magari qualcuno meno consentito)?
Questa domanda vale per altri come lui che devono successo e fortuna anche grazie a quello che il nostro Paese ha dato loro in termini di possibilita', servizi, ambiente, pubblico... non e' elegante presentarsi alla cassa solo per riscuotere, no?

domenica 12 agosto 2007

Gentilini soap 3: Zeffirelli appoggia lo sceriffo trevigiano

Avevamo già avuto modo di "apprezzare" le uscite omofobe contro le manifestazioni omosessuali in occasione della manifestazione di Piazza Farnese di del 10 marzo scorso, quando dagli studi di Porta a Porta aveva pesantemente apostrofato i manifestanti, trovando fiero oppositore in Alessandro Cecchi Paone, presente in studio, e scusandosi infine per gli aggettivi pesanti - ma non il giudizio negativo sul modo di protestare.
Davvero però non mi aspettavo che l'esteta regista Franco Zeffirelli potesse addirittura manifestare vicinanza a un personaggio come quel Gentilini, non foss'altro per il cattivo gusto che il trucido personaggio padano sprizza da tutti i pori. E invece il rude fascino macho del prosindaco sceriffo sembra aver "annebbiato" persino lui ed eccolo affermare dalle pagine del Corriere Veneto: «Mi scandalizza vedere due gay che si baciano in pubblico, quelli non sono omosessuali, ma due pazze che fanno l'amore come le bestie e che non posso sostenere. Ne disprezzo il modo di comportarsi al punto da sentirmi più vicino a Gentilini quando ventila la possibilità di mandarle nei campi di concentramento. Confesso una leggera solidarietà nei confronti del prosindaco». Meno male che la solidarietà espressa è leggera... Ma lo sa Zeffirelli cosa sono i campi di concentramento (eppure l'età non più verde dovrebbe venirgli in soccorso, o forse è la memoria che comincia a cedere?). Sa la tragedia che rappresentano? Se proprio non è capace di esprimere un giudizio politico che abbia un senso, anche lui dovrebbe trovarli per lo meno di inaccettabile "cattivo gusto". L'intervistatore fiuta lo scoop e lo incalza: "Entrambi usate espressioni forti. «Le sue lo sono senz'altro, potrebbe evitare di dire "culattoni", volgarità tipica di un linguaggio da carrettiere. Non mi piace nemmeno l'espressione "pulizia etnica", ma sono d'accordo sulla necessità d'imporre misure contro il degrado causato da un certo mondo. Ma lei lo sa quanto è difficile e profondo essere omosessuali? E' uno speciale modo di amare da prendere sul serio, non da ridurre ad una carnevalata imbecille da Rio de Janeiro. Proporlo al pubblico come un scherzo, con una sfilata di uomini che si baciano con la parrucca in testa, significa creare un vuoto formativo nella società e soprattutto tra i giovani, che non capiscono più niente». Insomma, non le piace l'esibizione dell'omosessualità. «Se se ne parla, bisogna farlo seriamente, ricordando il grande contributo che gli omosessuali hanno dato all'arte nei secoli. Altro che bacio gay, trovata vergognosa e oscena». Sa che Gentilini annuncia blitz contro i gay, dicendo che spesso sono coinvolti in reati? «In effetti è un ambiente esposto alla criminalità, ogni tanto ne trovano qualcuno assassinato, quindi ben venga l'intervento della polizia. La mercificazione della carne nei vicoli consiste nel concedere i propri favori a mercanti del sesso che spesso si trasformano in mercanti della droga»."
Insomma il buon Zeffirelli ne fa una questione di BUON GUSTO e di estetica, e se ha qualcosa da ridire a Gentilini è per il "suo linguaggio da carrettiere" non certo perché insulta o attacca gli omosessuali, non certo perché ne evoca lo sterminio. Su queste cose si può anche convenire perché bisogna assolutamente evitare "l'esibizione dell'omosessualità vergognosa e oscena", "le carnevalate imbecilli" e lo spettacolo "di uomini che si baciano con la parrucca in testa" che "confondono i giovani". Del resto è proprio vero che la comunità omosessuale è "una ambiente esposto alla criminalità" a causa "della mercificazione della carne". In poche righe splendide per la concissione Zeffirelli riesce a condensare "magistralmente" tutto il ciarpame dei luoghi comuni sull'omosessualità e sulle manifestazioni omosessuali vecchi e nuovi.

Ma l'hanno spiegato all'esteta Zeffirelli così attento al bon ton che è indice di innegabile e terribile cattivo gusto sparare giudizi su persone e fatti che non si conoscono? Forse il regista ha un'immagine dell'omosessualità ferma agli anni '20 o la confonde con le parrucche della sua Aida. Forse non l'hanno informato che la maggior parte della prostituzione si rivolge al pubblico "etero" dei padri di famiglia regolarmente e rsipettabilmente sposati, e per questo si guarda bene dal proporre retate di polizia nel "torbido ambiente eterosessuale". Forse è fermo al Codice Rocco del delitto d'onore, quando ad essere responsabile dello stupro era culturalmente sempre la donna che se la va a cercare per aver messo i pantaloni o la gonna troppo corta, che inevitabilmente provoca il sano testosteronico maschio italico . Da criticare non è Gentilini che propone di "fare pulizia etnica dei culattoni" ma loro, i ghei (culattoni è da carrettieri) che lo provocano con i loro atteggiamenti eccessivi e di cattivo gusto, e che sono esposti alla criminalità, come gli immigrati, le donne di facili costumi e chi si bacia in pubblico, logicamente!
Zeffirelli ha perso una splendida occasione per tacere seguendo l'antica saggia massima "se la parola è d'argento il silenzio è d'oro".

Gentilini soap 2: un bacio per tutte le stagioni

Si è svolta ieri la manifestazione di fronte al municipio di Treviso per protestare contro le omofobe e naziste affermazioni del Prosindaco Giancarlo Gentilini, annunciata da giorni da Alessandro Zan.
Marchio di fabbrica della protesta i triangoli rosa, simbolo con cui erano identificati proprio gli internati omosessuali nei lager nazisti, e i baci. "Ci saranno tante coppie che si baceranno, per testimoniare che l'affetto non può avere confini e che va rispettato a prescindere dall'orientamento sessuale" afferma Zan per invitare alla manifestazione.
Oggi invece un "kiss-in", che dopo essere stato sperimentato con successo al Colosso sembra essere diventato l'ultima frontiera della gaya protesta del terzo millennio, inaugurerà gli eventi meno politici e assai più mondani del Mardi Gras di Torre del Lago.
Capiamo che un bacio (come il peperoncino) ci sta bene ovunque, e che quello gay, stuzzicando ancora un certo prurito nella provinciale stampa nostrana, abbia un buon effetto promozionale, ma di fronte a una terminologia che sembra un incrocio mal riuscito tra l'osteria, la caserma e il richiamo al nazismo, cosa c'entra? Purtroppo la pulizia etnica mi suscita assai più tristi e tragici ricordi di quelli che evocano i baci e forse voler spettacolizzare anche la protesta per queste pesanti affermazioni fa sfuggire le drammatiche assonanze che invece trasmettono.
Non vorremmo che l'abuso di baci e bacetti per ragioni politiche finisse per fare perdere a quel gesto il suo semplice naturale valore di espressione d'amore e di desiderio spontaneo e innocente.

Per tornare a Gentilini non ci stupisce che anche di fronte al successo di una protesta e al coro di critiche il vecchio sceriffo tenga la posizione. Stare aggrappati alla poltrona aspettando che passi la tempesta e tipica virtù italica. E il macho, celodurista, nazista padano non poteva certo essere da meno...

Gentilini soap 1: il caso

Ormai il "caso Gentilini" è esploso da qualche giorno e, essendosi tutto e il contrario di tutto, la polemica inizia a placarsi, come tipico dei fuochi estivi rapidi a divampare, per poi essere presto dimenticati. Io mi sono astenuto dal commentare subito perché nell'assordante confusione di dichiarazioni a caldo le mie avrebbero aggiunto poco o nulla se non confusione.
Qualche riflessione postuma la vicenda la merita.
Il Vice Sindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini, già noto per i suoi esasperati atteggiamenti xenofobi e da sceriffo, venuto a sapere di un luogo di incontri nei pressi dell'ospedale della sua città dichiara voler fare "pulizia etnica di questi culattoni". Naturalmente fioccano subito le proteste della comunità gay, ma, una volta tanto anche del mondo politico da Storace (!) a Calderoli (che pure al termine culattoni sembra essere affezionato), al Presidente della Regione Veneto , Galan, a esponenti della sinistra e dei radicali. Raccoglie però l'appoggio del suo sindaco (Gian Paolo Gobbo) che conoscendolo bene sa che il verace leghista usa sempre un "linguaggio colorito, ma non lo fa con cattiveria, va preso così com'è". Comunque oltre alle generiche condanne verbali non sembra che la dirigenza della lega voglia prendere provvedimenti concreti (del resto sono proprio questi furori verbali e non solo che cerca il suo elettorato) né pare che alla fine ci sia una indignazione tale da costringere il Vice sindaco alle dimissioni. A sua discolpa lo stesso Gentilini spiega le sue ragioni e quindi dice che lui usa sempre il termine "pulizia etnica" per indicare il fare piazza pulita di un problema, che si tratti di "erbacce e pantegane", di immigrati clandestini, o di culattoni... andiamo bene...
Al là dell'accostamento tra "culattoni" è erbacce, già proposto con un certo successo retorico da Himmler per spiegare come andavano eliminati e bruciati gli omosessuali nella Germania nazista, mi sembra gravissimo che un esponente delle istituzioni utilizzi quotidianamente e con tale leggerezza un linguaggio nazista, violento e così evocativo di morte e distruzione. Anziché alleggerire la sua pozione, Gentilini, la aggrava e aggrava quella di tutta la sua amministrazione che, tollerando questo linguaggio incivile, di fatto lo avalla e lo promuove. Davvero un brutto sintomo per la democrazia che questo tipo di linguaggio possa essere "sdoganato" nella quotidianità dei pubblici uffici al punto che il Procuratore della Repubblica di Treviso, Antonio Fojadelli, lo possa addirittura ritenere privo di rilievo penale, abdicando al ruolo di proteggere una intera comunità che viene colpita e offesa anche nella memoria di una tragedia subita direttamente nei lager nazisti. E Allora non ci resta che sommergere la procura delle querele promosse ancora una volta dal Circolo Mario Mieli. Un'azione legale di dissenso e di rifiuto che dimostra il nostro impegno nella tutela dei diritti e anche nella crescite civile di un intero Paese. Un modo per fare capire che siamo stufi di essere facile bersaglio di insulti, attacchi e dileggi che in Italia godono di una sostanziale impunità.
Un altro silenzio assordante è quello del ministro degli interni Amato, che chiamato in causa da Arcigay e da altri esponenti politici e del movimento per prendere posizioni verso l'amministrazione trevigiana rimuovendo dall'incarico il vicesindaco decide di seguire le filosofia delle tre scimmiette e aspettare che le acque si calmino.
Fuori dal coro le amare ma lucide e acutissime riflessioni di Articolo tre, che nel condannare Gentilini, coglie l'occasione per affrontare e criticare fuori dai denti alcuni nodi delle politica italiana e del nostro movimento.

giovedì 9 agosto 2007

Due lesbiche brutalmente assassinate in Sud Africa

Dalla fine dell'Apartheid ci eravamo abituati a sentire del Sud Africa per le positive notizie in termini di conquiste di diritti anche per gli omosessuali, a partire dalla nuova modernissima Costituzione.
Ieri è si è saputo purtroppo di un un tragici episodio che indica che anche nel nuovo Sud Africa c'è ancora molto da lavorare contro l'omofobia e le violenze verso gay e lesbiche. Sizakele Sigasa (34 anni) e Salome Masooa (23 anni) da una insediamento presso Johannesburg sono state trovate assassinate lo scorso 8 luglio in un vicino campo a Meadolwlands.
L'omofobia oggi è una di quelle manifestazioni di odio davvero senza confini e senza confini deve essere la solidarietà e la lotta per sconfiggerla per sempre!

mercoledì 8 agosto 2007

Veltroni, Binetti, Concia.. Il Triangolo NO

Mi piace riprendere da un'altra prospettiva la stuzzicante riflessione aperta da Elfo Bruno sull'amicizia-convergenza sbandierata sulla stampa e al TG1 tra l'arcigna Binetti (teo-dem della prim'ora presidentessa del comitato scienza e vita, senatrice della Margherita) e la portavoce di Gay-Left, Paola Concia.
Già all'indomani del discorso di candidatura di Veltroni al Lingotto, un po' scocciato e infastidito dal piatto coro di commenti positivi, avevo avuto modo di criticare decisamente l'accoglienza positiva riservata al sindaco di Roma da parte dei portavoce di GayLeft, Paola Concia e Andrea Benedino, non tanto perché non legittima (ci mancherebbe altro) ma perché usava argomentazioni palesemente infondate e strumentali, come l'esaltazione per il suo timidissimo riferimento ai "diritti degli individui che vivono in una coppia di fatto" o il buonista attacco all'omofobia.
In quell'occasione invitavo i due esponenti di Gayleft a cercare un maggior contatto col movimento e non prestarsi ad operazioni di basso mercato politico facendo da foglia di fico a un impresentabile progetto politico.
Naturalmente i nostri prodi hanno proseguito per la loro strada sostenendo sia individualmente che come Gayleft la candidatura di Veltroni. Il volenteroso Benedino si è persino affrettato a scrivere sul suo blog che tra i primi 160 sottoscrittori, assieme al suo nome e a quello della collega Concia, figuravano tanti illustri esponenti della cultura e della politica ma nessun cattolico integralista, facendone motivo d'orgoglio (chissà chi è il 161° nome?). Se non c'erano allora no arrivati in frotte a seguire...
Ad ogni modo ci fa piacere la sua "garbata" risposta a un mio commento critico (e pieno di refusi) su questo punto. Dopo avermi un po' rigirato la frittata parlando dei miei errori in altri campi decide di darmi un'alta lezione di politica: "Vedi, dovresti imparare che in politica bisogna saper fare un po' di strategia di lungo periodo e non lasciarsi abbandonare troppo all'improvvisazione" e quindi mette in chiaro il rapporto che ha con i giudizi politici espressi: "Per il resto, guarda, a me queste critiche non feriscono e non colpiscono: semplicemente le ignoro". Ma chi voleva ferirlo? Che ci ignorasse lo avevamo capito e apprezziamo l'arrogante schiettezza con cui lo afferma. Anch'egli evidentemente è entrato appieno nel costume politico del nostro Paese sempre più distratto e distante dai cittadini, più concentrato "sul ruolo che posso svolgere dall'interno del mio partito al servizio della nostra comunità". Ma quale comunità se poi le istanze che gli vengono proposte le "ignora"?
Anche nei vivaci commenti al post di Elfo Bruno (vi invito a leggerli perché interessanti e perché non recupero e ripeto qui tante brillanti considerazioni fatte, molte delle quali condivido in pieno) il "nostro eroe" preferisce rispondere piccato sulle parole, piuttosto che affrontare davvero la sostanza politica dei problemi sollevati, sfuggendo di fatto a un confronto reale e serio.

Qual'è la questione che in questo caso ci preme? Al di là delle ardite congetture di Elfo su possibili accordi sottobanco per proporre un improbabile avvicinamento tra l'ala teo-tem-opus-dei del futuro PD, rappresentato dalla Binetti e i gay con la portabandiera Paola Concia?
Semplicissimo constatiamo che la candidatura di Veltroni è sostenuta parimenti dagli uni e dagli altri: come farà il pur funambolico sindaco di Roma ad accontentare entrambi?
Sulla base delle sue dichiarazioni come candidato, del suo atteggiamento pilatesco sulle questioni più controverse (ricordate il referendum sulla legge elettorale?), delle non politiche verso i gay a Roma e del suo dubbio profilo laico credo che trovi più ragioni per sostenerlo proprio la Binetti.
Insomma a me non importa come sceglie le sue amicizie Paola Concia, e non credo che la sua vita privata di relazioni abbia un particolare interesse mediatico. La vera notizia politica e che la Concia (con quel che rappresenta o vuole rappresentare) la Binetti (con quel che rappresenta o vuol rappresentare) pur dicendosi portatrici di valori e programmi politici teoricamente opposti e inconciliabili sostengono entrambe UN candidato alla segreteria del PD che nel migliore dei casi si troverà ad esprimere UNA politica (oppure nessuna ovviamente) e non è chiaro quale alta sintesi possa trovare tra le due opposte posizioni, anche perché di tutto si può accusare il buon Veltroni tranne che essere tipo che si fa tirare dalla giacchetta.
La domanda tutta politica è: Andrea Benedino e Paola Concia, come fate non solo a stare nello stesso partito con la senatrice Binetti, ma persino a sostenere lo stesso candidato segretario? Cosa ci sfugge? Cosa non capiamo?

martedì 7 agosto 2007

Fecondazione assistita su Rai3... Volontè invia comunicato

A W l'Italia diretta di stasera si è parlato principalmente di fecondazione assistita e di legge 40 con una interessante intervista al Ministro della Salute Livia Turco (per l'impotenza che ha espresso e il rifiuto di discutere della modifica della legge "perché non è nel programma") e, soprattutto tante esperienze dirette di aspiranti genitori, di coppie che hanno avuto figli seguendo le procedure restrittive della legge, di altre che si sono rivolte all'estero, di alcune che rischiano fortemente di trasmettere malattie ai figli per l'impossibilità di applicare la diagnosi preimpianto, di medici e professionisti del settore, di idee in un confronto sicuramente critico nei confronti della legge, ma sempre pacato e ragionato.
Si sono per altro sfiorati i temi della denatalità italiana, con l'aumento dell'età delle donne che hanno il primo figlio e dei problemi sociali, come precarietà del lavoro e debolezza del sistema di assistenza, che condizionano questa situazione con il confronto semplice quanto impietoso sulla percentuale di bimbi accolti negli asili nido in Italia (9%), Francia (35-40%) e Danimarca (50%).
Un'inchiesta sostanzialmente critica da sinistra dello stesso Governo Prodi, incapace sulla questione, sulla laicità e sulla tutela della salute di donne e nascituri di trovare soluzione alternative all'assurda legge 40, che tutela in maniera asfissiante e ideologica l'embrione, preoccupandosi meno della salute delle madri e dei nati e costringendo magari le donne ad abortire in fasi più avanzate della gravidanza o a rischiare gravidanze plurigemellari.
Tematiche, quelle della denatalità, dei servizi e assistenza alle famiglie, della precarietà lavorativa, della saluta che, almeno in teoria, che dovrebbero interessare anche i cattolici del centrodestra e stimolare delle riflessioni mature, capacità di ascolto e di studio della realtà, desiderio di affrontare e risolvere le sofferenze delle persone.
Questo naturalmente non vale per i pasdaran politici della croce, che, forti dell'illuminazione superiore e di forti e inamovibili convinzioni (rigorosamente dettate da Oltretevere) hanno la misura per giudicare subito su tutto. E allora ecco la punta di diamante di questa schiera, l'onnipresente Luca Volontè, intervenire con un comunicato in piena diretta. Dati manipolati e falsi, usati strumentalmente da chi è preventivamente contro la legge 40, trasmissione scorretta e faziosa, la sua sentenza senza appello.

P.s. di striscio si è anche parlato di PACS e DiCo, con l'incapacità del governo di fare un qualsiasi passo in avanti e il bravo Riccardo Iacona che non ha fatto sconti neppure al pur pacato Senatore di Rifondazione Comunista Russo Spena, chiedendogli come mai la Sinistra radicale, che pure è pronta a fare le barricate sul welfare non si è spesa più di tanto sui temi dei diritti civili e della laicità mantenendo un inusuale basso profilo.

I sindaci e i pride


Ad agosto la stagione dei Pride è quasi ovunque archiviata e quindi, a mente fredda si possono un po' tirare le somme e fare delle considerazioni di carattere generale.
Quest'anno è stato decisamente eccezionale per partecipazione, in Italia e nel mondo. A Roma (foto sopra di Luciano di Bacco, l'enorme folla a Piazza San Giovanni) abbiamo registrato un successo incredibile e insperato con un milione di partecipanti, l'Europride di Madrid ha raggiunto e superato abbondantemente i due milioni, a San Paolo, addirittura si sono toccati i tre milioni in quello che può a buona ragione definirsi il più grande Pride del mondo. E poi grandi successi e grandi numeri, come sempre, a Londra, Parigi, Berlino, New York, San Francisco, Tel Aviv .
D'altro canto si registrano i grossi problemi in Europa Orientale, con i pride blindati o attaccati di Varsavia e Cracovia, nelle Repubbliche baltiche e, soprattutto, con il deciso divieto voluto dal sindaco di Mosca Yuri Luzhjov e le violenze verso i pochi coraggiosi (tra cui gli italiani Marco Cappato e Vladimir Luxuria) che sostenevano il Pride da parte di estremisti religiosi e di destra e delle stesse forze dell'ordine.
Per fortuna non tutti i sindaci sono come il primo cittadino moscovita anzi. I sindaci di Parigi, Bertrand Delanoe, e di Berlino, Kalus Wowereit, sono dichiaratamente gay e da anni aprono e partecipano con grande visibilità alla parata delle loro città. Il sindaco di San Paolo, Gilberto Kassab, ha inaugurato l'enorme festa brasiliana dichiarando che “il Brasile è un Paese con sempre meno pregiudizi”. Ho avuto già modo di commentare la scelta di Michael Bloomberg, sindaco di New York, che ha partecipato come ogni anno al pride della Grande Mela, ed è fuoriuscito dall'omofobo partito Repubblicano di Bush. Il “rosso” Ken Livistong, sindaco di Londra, ha preso parte con entusiasmo alla parata di quest'anno, sfilando su un barcone assieme ad altri personaggi noti. Non è mancata la partecipazione del sindaco Gavin Newson al colorato Pride Festival della sua San Francisco, considerata la capitale gay mondiale. E del resto l'esponente democratico era stato anche paladino di una campagna che lo ha opposto per settimane al potente governatore della California Arnold Shwarzenegger, celebrando in municipio migliaia di matrimoni tra omosessuali affluiti da tutti gli USA. Addirittura il Pride di Tel Aviv, che ha visto 15.000 partecipanti partire dalla centrale piazza Rabin è stata voluta proprio dal municipio, forse per fare da contrappasso all'atteggiamento di omofoba chiusura che caratterizza il sindaco ultraortodosso di Gerusalemme, Uri Lupolianski, che invece ha osteggiato in tutti i modi lo svolgimento del Pride nella sua città. Vi immaginate la Moratti che organizza il Pride di Milano?
Ed ecco le note dolenti infatti. Se l'anno scorso gli amministratori torinesi si erano dimostrati molto aperti e anzi contenti delle iniziative dell'orgoglio, pur con notevoli timidezze del sindaco Sergio Chiamparino, ma con la partecipazione appassionata e convinta della Presidente del Piemonte Mercedes Bresso, lo stesso non possiamo dire a Roma di Walter Veltroni, che non ha inviato neanche una scarna lettera di saluti, e non è stato soccorso dai presidenti di Provincia, Enrico Gasbarra e Regione Lazio, Piero Marrazzo, anch'essi assenti e distratti pur nel clima fortemente teso che si registrava da giorni nella capitale a causa di manifesti e scritte neonaziste. A confronto fa meno male l'atteggiamento del sindaco di Milano, Letizia Moratti, da cui, dopo la partecipazione al Family day, non ci si aspettava nulla e che anzi ha aspettato proprio i giorni del Pride per annunciare la chiusura di tutti i fondi destinati a iniziative culturali gay nel capoluogo meneghino. Così persino la triste vicenda consumatasi attorno alla mostra Vade Retro, con un infinito tira e molla terminato con inevitabile annullamento, sembra frutto di un copione già scritto. In Regione Lombardia se possibile le cose vanno ancora peggio, il ciellino Roberto Formigoni è di per sé una garanzia ma fa tuttavia riflettere che al suo assessore allo sport e politiche giovanili (?!?), omofobo, xenofobo, razzista Pier Gianni Prosperini siano bastate delle semplici scuse per tenere ben salda la sua poltrona dopo aver invocato la "garrota" per i gay dalle pagine de “Il Giornale”.
Insomma sui diritti gay e partecipazione ai pride, in Italia, sembrano non esserci grandi distinzioni tra sindaci di centro destra e sindaci di centro sinistra, almeno nei grandi centri. Per trovare delle vistose eccezioni bisogna scendere, sorprendentemente al sud con Niky Vendola, Presidente della Puglia e con il sindaco antimafia e dichiaratamente gay di Gela (provincia di Caltanissetta!), Rosario Crocetta.

sabato 4 agosto 2007

Spiaggia gay ad Agrigento?

Certo che a furia di rivolgerci alle pubbliche istituzioni si finisce anche con l'esagerare e col chiedere quel che è inutile o controproducente chiedere.
Il sindaco di Cattolica Eraclea, Cosimo Piro (UDC), dopo aver ricevuto sollecitazioni in tal senso da parte dell associazioni omosessuali locali sta seriamente prendendo in considerazione l'ipotesi di inaugurare una sorta di gay beach sul lido di Capo Bianco, ameno tratto di spiaggia circondato da pineta ricadente in un'area protetta e molto bella. Questa spiaggia, peraltro, è già frequentata da oltre 20 anni da naturisti (senza autorizzazione immaginiamo) e ultimamente sarebbe stata utilizzata da alcuni gruppi gay per dei "raduni". Il Sindaco dichiara di "non avere nulla in contrario: rispetto ogni diversità" e, spiega che "la decisione di destinarla ai gay, in qualche modo precludendo la possibilità agli altri di usufruirne deve portare un tornaconto nelle casse del comune, per esempio in termini di maggiore afflusso turistico, altrimenti il gioco non vale la candela".

Da che mondo è mondo i gay - come tutte le comunità, soprattutto se minoritarie e/o discriminate - scelgono i luoghi che amano senza bisogno del bollino blu di istituzioni e sindaci. così avvenne già nel 1800 di Taormina, sempre in Sicilia, che divenne una meta internazionalmente riconosciuta di turismo gayo. Così avviene per decine di spiagge, strade, zone in tutte le città d'Italia (e del pianeta). Non ci sono targhe da scoprire, nastri da tagliare, voti di consigli comunali da aspettare, autorizzazioni, dibattiti. Si tratta di una cultura informale. Alcuni luoghi poi diventano tanto noti e riconoscibili da essere poli di attrazione e da attirare anche iniziative commerciali o indurre a ripensamenti urbanistici etc.
Su un tratto di spiaggia quale dovrebbe essere l'intervento del Comune? mettere un cartello con il nuovo nome "Baia degli Uccelli - Gay beach"? o un bel divieto di accesso "a cani e eterosessuali"? Oppure si dovrebbe limitare a mettere un bollino rosso per consiliare i genitori di tenere distanti i minori da quest'impudico contatto con I GAY, non si sa mai dovessero incappare in qualche bacio osceno, o semplicemente tenere lontano i vigili urbani dalla pineta (e non diciamo perché)? Questo approccio investe la politica di compiti che non ha, ne accresce in modo tentacolare le competenze (e quindi i rischi connessi a una politica che entra nella dimensione privata dei cittadini), trasformando in inusuale tema di confronto il diritto o meno dei gay di fare il bagno a mare.
Insomma una spiaggia è una spiaggia, chi vuole la frequenta, etero, gay e persino bisessuali, se poi, come talvolta accade si creano le condizioni perché ci sia una prevalenza di frequentatori gay che hanno eletto quel tratto di arenile sarà un processo spontaneo che non ha bisogno di voti in consiglio comunale, di autorizzazioni (interessate) del Sindaco e nemmeno di suscitare inutili dibattiti sull'opportunità della gay beach che ci fanno solo male. Anche perché spesso è proprio la natura "informale e spontanea" del detto non detto ad attirare un pubblico gay che non sempre ama essere preso come cavia di un laboratorio di visibilità e nemmeno additato come espropriatore di pubbliche spiagge

Naturalmente non poteva mancare la reazione della chiesa: il parroco della chiesa di Sant'Antonio Abate di Cattolica Eraclea, Don Giuseppe Miliziano (il nome è tutto un programma) annuncia battaglia e tuona: ''Nudisti e gay non possono stare in quella spiaggia, non hanno il permesso dello Stato, lo fanno in modo illegale, è una vergogna. Siamo in una società che sta degenerando e che sta dando pessimi modelli di vita ai nostri bambini''. Be' a parte il fatto che dopo 20 anni il parroco si veglia ora... non eravamo informati del fatto che per fare il bagno i gay avessero bisogno di una patente speciale dello Stato (e forse anche di una dispensa papale). Prima di partire per il mare vedrò di fare una richiesta urgente!

In che indecente Paese viviamo dove tutti questi gay fanno il bagno senza autorizzazione statale e dove i sindaci più illuminati vogliono creare delle spiagge ghetto per consentire anche ai poveri omosessuali delle abluzioni in piena legalità (purché ci sia tornaconto turistico beninteso)!

venerdì 3 agosto 2007

L'intoccabile Don Gelmini

Dalla Procura della Repubblica di Terni giunge la notizia di un'indagine in corso a carico di Don Gelmini, noto fondatore delle comunità per tossicodipendenti "Incontro" e anche come ospite televisivo dai toni sempre moraleggianti. L'accusa gravissima, mossa da alcuni ragazzi ex ospiti di una delle sue comunità, è di molestie sessuali e gli accertamenti e indagini, già avviati sei mesi fa sono ancora in corso, quindi immagino siano svolte con la massima cura.
Naturalmente non mi interessa pronunciare nessun giudizio di colpevolezza anticipato e, anzi, mi auguro per l'anziano parroco che si tratti solo di errori. Compito della magistratura è quello di fare piena luce sul caso a tutela delle vittime innanzitutto.

Quel che davvero non capisco è la levata di scudi di tutti del Centro destra difesa di Don Gelmini. Rotondi (Nuova DC) parla di "congiura mediatica" La Procaccini (FI) e la Santanché (AN) lo definiscono "un santo". Non poteva mancare sul caso la solita voce dell'ottimo Volontè (UDC) che parla di "giornalismo d'accatto" (forse perché fa troppo megafono alle sue dichiarazioni?) e invita il Ministro della Giustizia inviare gli ispettori alla procura di Terni. Ebbene sì, lo stesso Volontè che solo ieri si stracciava le vesti per un supposto pompino tra le fratte romane, stigmatizzando presunti trattamenti di favore per la "lobby omosessuale", e oggi di fronte a un'indagine che parte dalla denuncia di due presunte vittime di violenza è pronto a mettere le mani sul fuoco sull'assoluta integrità di Don Gelmini, per il sol fatto che indossa una nera tonaca, e parla di furore anticattolico della magistratura... Ancora più categorico il compagno di cordata e di partito Rocco Buttiglione, che per averla provata sulla sua pelle in Europa è ormai l'esperto nazionale di discriminazioni e di congiure anticattoliche. Egli si dice convinto che questa indagine sia anzi un «attacco che si rivolge contro la Chiesa italiana colpevole di non piegarsi ai poteri del momento» e vede un parallelo tra questa vicenda e «le minacce contro mons. Angelo Bagnasco, le scritte sui muri, i tentativi di emarginazione dei cristiani nella vita pubblica e anche gli ammonimenti più o meno minacciosi che qualche potente della politica rivolge alla Chiesa invitandola senza mezzi termini a sottoporsi al suo patronato».

Lo ripeto: spero che non ci siano stati abusi sessuali, sarebbe meglio per l'accusato e persino per gli accusatori, ma certo non possiamo assumere in partenza che non ci siano state anche perché non sarebbe la prima volta che oratori, sagrestie, collegi o comunità religiose diventano teatro di questo genere di reati con vittime giovani o persino giovanissimi e troppo spesso le autorità cattoliche mirano più a insabbiare o a coprire i casi che emergono piuttosto che collaborare con la magistratura.
Allora se l'esperienza ci dice che gli abusi in ambiente ecclesiastico esistono, spessissimo sono stati dimostri provati e abbiamo assistito a condanne definitive, perché affrontare il caso con tanto furore politico? Perché questi difensori della pubblica morale, pronti a fare assurdi accostamenti tra pedofilia e omosessualità se gli risulta retoricamente comodo, non si ergono a difesa delle presunte vittime di questo caso? Forse che gli abusi sessuali se compiuti da preti e vescovi sono meno deprecabili che negli altri casi?
Una cosa è certa, a sentire Volontè sono da preferirsi le violenze in sagrestia alle volontarie relazioni tra due uomini o donne adulti e consenzienti.

giovedì 2 agosto 2007

Gli errori hanno nome e cognome

L'attuale editoriale di gaytoday, intitolato "war is stupid" stigmatizza giustamente il conflitto latente tra associazioni gay, in particolare tra Arcigay Roma e Circolo Mario Mieli, riemerso pubblicamente per la polemica sulla doppia manifestazione di Baci al Colosseo.
Che tra le associazioni ci siano state o ci possano essere delle incomprensioni o delle diversità di vedute è comprensibile, legittimo e persino naturale (altrimenti non ci sarebbero diverse associazioni). Quel che, giustamente, risulta inaccettabile è che ci sia uno scontro aperto laddove queste dovrebbero perseguire obiettivi comuni o per lo meno convergenti.
Più volte ho detto qui che intendo questo spazio come un porto franco in cui potermi esprimere senza peli sulla lingua e facendo nomi e cognomi. Questo naturalmente vale anche per me stesso.
Quello che difficilmente ammetterei come associazione intendo tranquillamente farlo in quanto persona. Perché, poi a prendere le decisioni non sono enti astratti, ma persone in carne ed ossa e quando si sbaglia è anche giusto ammettere i propri errori.
Ebbene la scelta di sostenere una manifestazione per il 29 luglio, prima di quella del 2 agosto indetta da Arcigay Roma, è dipesa in larga misura da me, e me ne assumo la responsabilità. Non è nata da me (ma all'interno dello stesso Gaytoday), ma io, con il Mario Mieli, l'ho voluta rilanciare e promuovere con decisa energia.
L'intenzione era buona: mantenere l'attenzione alta su un caso di discriminazione, dare un forte e immediato segnale politico, esprimere solidarietà ai due ragazzi colpiti, marcare una distinzione rispetto al momento dell'inaugurazione della gay street, che ritengo diverso e non direttamente accostabile. Ragioni che ritengo ancora valide.
Il bilancio complessivo è stato purtroppo negativo ( a testimonianza che le vie dell'inferno sono spesso lastricate da buone intenzioni). Frutto di una errata valutazione che non aveva tenuto in debita considerazione il segnale di divisione all'esterno che si poteva dare (pur avendo dei dubbi in proposito evidentemente), la reazione irrituale e decisa di Fabrizio Marrazzo e il rischio di riaprire spaccature nel movimento che il successo di un forte Pride unitario stavano pian pian piano sanando.
Un messaggio negativo che rischia anche di allargare la sfiducia dei singoli nei confronti di un movimento e di associazioni viste come distanti, autoreferenziali e impegnate a farsi una inutile guerra.
Di tutto questo mi assumo PERSONALMENTE la responsabilità, faccio ammenda con tutti voi, con il Circolo Mario Mieli, con i volontari di Arcigay. Mi auguro anche di imparare dagli errori e crescere assieme a voi per fare di più e meglio per il bene comune.
Detto questo trovo tuttavia inutile speculare ulteriormente o accanirsi su questo episodio. Si tratta, di due manifestazioni distinte sì ma con obiettivi di fondo molto simili che non denotano una vera spaccatura politica, ma al massimo una diversità di strategie e metodi. Una diversa gestione della comunicazione ce l'avrebbe fatta apparire una semplice duplicazione o avrebbe potuto addirittura amplificare gli effetti di entrambe in un gioco di richiami. Ma qui si fermano le mie responsabilità perché sicuramente non intendevo cercare la polemica e lo scontro pubblico con Arcigay. Anzi.
Credo che in questo senso sia stato significativo l'atteggiamento del Circolo Mario Mieli e della sua presidente Rossana Praitano, che non hanno replicato in alcun modo alle ingenerose accuse rivoltegli riportando l'attenzione sui contenuti e sugli obiettivi, con l'intenzione proprio di abbassare i toni e riprendere da subito il dialogo. Rossana e Aurelio Mancuso (che hanno un ottimo rapporto personale) si sono, inoltre sentiti a lungo al telefono chiarendo e contestualizzando i fatti.
Quindi il mio invito è a non esasperare i toni lasciandosi prendere dal fuoco della polemica e a non enfatizzare i problemi che ci sono. Un'immagine guerresca e conflittuale dei rapporti tra associazioni è altrettanto infondata di quella di un idillio e non aiuta né le associazioni a migliorare i loro rapporti, né la forza del movimento verso l'esterno.
Sempre sull'editoriale di Gaytoday si rilancia l'idea di Cristiana Alicata di un incontro delle associazioni a settembre, stile Stati Generali dello scorso anno, per venire a capo delle divisioni. Vedersi e confrontarsi, per condividere scelte e strategie è sempre utile. Anzi nella nostra situazione è fondamentale. Non crediamo che sia taumaturgico, però. Alcune ragioni di diversità sono radicate nell'identità delle associazioni e realisticamente non potranno mai essere appianate del tutto (e non mi riferisco a Mario Mieli ed Arcigay, ma all'anima più antagonista e radicale del Movimento e a quella più istituzionalizzata semmai). Inoltre quel che davvero conta poi è la quotidianità delle relazioni tra associazioni. Bisogna lavorare a creare un clima di fiducia e collaborazione reciproca costante.
In questo senso il mio errore sul 29 luglio è stato forse un poco poco utile come campanello di allarme dello stato della fiducia reciproca su Roma. Da qui dovremo ripartire per cambiare le cose.