Ieri sono stato a Bethlehem per incontrare alcuni responsabili della locale Camera di Commercio, allo scopo di reperire dati, informazioni e indicazioni utili per la mia ricerca di dottorato.
Ero già stato a Bethlehem nel 2005, e ne conservavo un ricordo molto particolare legato all'orrendo muro di cemento allora in fase avanzata di costruzione. Mi aveva colpito la sua vicinanza alle prime case dell'abitato palestinese, il senso smarrito di prigionia degli abitanti, la crisi economica quasi disperata del settore turistico legato ai pellegrinaggi, e di tutta un'economia imbrigliata e compressa.
Oggi, a due anni di distanza, il muro e completo, se possibile ancora più brutto e crudele di quanto già non apparisse solo due anni fa. Un enorme centro di check point fisso ha sostituito la garitta precedente, e già le scritte di indicazione mi hanno destato un certo stupore. Infatti io desideravo entrare a Bethlehem, ma le indicazione che conducevano alla città erano inequivocabilmente EXIT (all'inverso uscendo dalla città si doveva seguire l'indicazione ENTRANCE. Solo più tardi, goffamente, ho capito che semplicemente si faceva riferimento al punto di vista israeliano e basta: per entrare a Bethlehem si esce dall'area controllata dalle autorità israeliane e viceversa si rientra in territorio di controllo israeliano.
L'imponente muro di cemento, alto a occhio e croce 10 o 15 metri è sormontato da torrette di guardia e filo spinato e si invagina dentro l'abitato, tanto che il taxi che mi ha condotto alla Camera di Commercio l'ha costeggiato per un tratto; studiando la mappa, in seguito mi sono reso conto che ci sono addirittura delle sacche completamente rinchiuse dal muro, anche se non se ne evince a un primo sguardo la logica. Sul lato interno abbondano le scritte contro l'occupazione, contro il muro, alcune parlano di ghetto, una fa riferimento alla terribile esperienza del ghetto di Varsavia, una scritta evoca la lotta armata armata basca, a volte ci sono semplici urla di dolore o murales (nota: il muro è stato dichiarato illegale da un parere non vincolante della Corte Internazionale de L'Aia).
Non ho visitato la città questa volta ma, parlando con i referenti con cui avevo un contatto (un ragazzo parla anche molto bene l'italiano studiando a Perugia) ho scoperto che grazie a un progetto della cooperazione italiana, assieme alla Regione Friuli e alla Provincia di Pisa, si è allestita una mostra permanente che raccoglie tutte le produzioni locali, prima difficilmente apprezzabili tutte insieme perché sparse sul territorio. Marmo, artigianato di legno, di madreperla, di ricamo, prodotti chimici e per la bellezza, per l'edilizia, ceramiche, naturalmente prodotti agricoli (vino, olio, mandorle) e poi anche prodotti tessili per Calvin Klein e altri importanti marchi internazionali. Mi spiegavano che anche qui il settore tessile ha subito la forte concorrenza cinese e allora, proprio su esempio e indicazione italiana si è puntato su produzioni di qualità e si è sviluppato un marchio di origine che garantisce e promuove questa qualità.
Guardando dalla finestra di uno di questi uffici ho notato dei massicci agglomerati di palazzine, sulle colline di fronte, senza neanche un albero. Erano i nuovi insediamenti israeliani subito fuori il muro, ancora vuoti ma pronti ad ospitare 50.000 nuovi coloni, poveri, appena immigrati da qualche parte del mondo. Fino a cinque anni fa erano coperte di ulivi appartenenti a Bethlehem.
Ero già stato a Bethlehem nel 2005, e ne conservavo un ricordo molto particolare legato all'orrendo muro di cemento allora in fase avanzata di costruzione. Mi aveva colpito la sua vicinanza alle prime case dell'abitato palestinese, il senso smarrito di prigionia degli abitanti, la crisi economica quasi disperata del settore turistico legato ai pellegrinaggi, e di tutta un'economia imbrigliata e compressa.
Oggi, a due anni di distanza, il muro e completo, se possibile ancora più brutto e crudele di quanto già non apparisse solo due anni fa. Un enorme centro di check point fisso ha sostituito la garitta precedente, e già le scritte di indicazione mi hanno destato un certo stupore. Infatti io desideravo entrare a Bethlehem, ma le indicazione che conducevano alla città erano inequivocabilmente EXIT (all'inverso uscendo dalla città si doveva seguire l'indicazione ENTRANCE. Solo più tardi, goffamente, ho capito che semplicemente si faceva riferimento al punto di vista israeliano e basta: per entrare a Bethlehem si esce dall'area controllata dalle autorità israeliane e viceversa si rientra in territorio di controllo israeliano.
L'imponente muro di cemento, alto a occhio e croce 10 o 15 metri è sormontato da torrette di guardia e filo spinato e si invagina dentro l'abitato, tanto che il taxi che mi ha condotto alla Camera di Commercio l'ha costeggiato per un tratto; studiando la mappa, in seguito mi sono reso conto che ci sono addirittura delle sacche completamente rinchiuse dal muro, anche se non se ne evince a un primo sguardo la logica. Sul lato interno abbondano le scritte contro l'occupazione, contro il muro, alcune parlano di ghetto, una fa riferimento alla terribile esperienza del ghetto di Varsavia, una scritta evoca la lotta armata armata basca, a volte ci sono semplici urla di dolore o murales (nota: il muro è stato dichiarato illegale da un parere non vincolante della Corte Internazionale de L'Aia).
Non ho visitato la città questa volta ma, parlando con i referenti con cui avevo un contatto (un ragazzo parla anche molto bene l'italiano studiando a Perugia) ho scoperto che grazie a un progetto della cooperazione italiana, assieme alla Regione Friuli e alla Provincia di Pisa, si è allestita una mostra permanente che raccoglie tutte le produzioni locali, prima difficilmente apprezzabili tutte insieme perché sparse sul territorio. Marmo, artigianato di legno, di madreperla, di ricamo, prodotti chimici e per la bellezza, per l'edilizia, ceramiche, naturalmente prodotti agricoli (vino, olio, mandorle) e poi anche prodotti tessili per Calvin Klein e altri importanti marchi internazionali. Mi spiegavano che anche qui il settore tessile ha subito la forte concorrenza cinese e allora, proprio su esempio e indicazione italiana si è puntato su produzioni di qualità e si è sviluppato un marchio di origine che garantisce e promuove questa qualità.
Guardando dalla finestra di uno di questi uffici ho notato dei massicci agglomerati di palazzine, sulle colline di fronte, senza neanche un albero. Erano i nuovi insediamenti israeliani subito fuori il muro, ancora vuoti ma pronti ad ospitare 50.000 nuovi coloni, poveri, appena immigrati da qualche parte del mondo. Fino a cinque anni fa erano coperte di ulivi appartenenti a Bethlehem.
Anche l'Università, presso la quale abbiamo pranzato, sembra quasi un fortino piuttosto che un luogo di studio, con le sue mura alte sormontate da lunghe sbarre verdi per proteggersi dall'assedio dei tank israeliani durante l'intifada.
Non mi piace prendere posizioni preconcette, e qualcuno dice che grazie a questo muro si è posto fine all'ondata di attentati suicidi che hanno colpito Gerusalemme, ma una cosa mi sembra certa: gli effetti su Bethlehem sono devastanti, e crudeli (aggravati dalla grande difficoltà per i palestinesi residenti di ottenere permessi di passaggio e di entrata a Gerusalemme distente solo 15 minuti di autobus) e risulta difficile non vedere il tentativo di occupare e impadronirsi di nuovo territorio per allargare l'area isareliana di Gerusalemme.
A me è risultato impossibile andare senza un enorme senso di pesantezza e tristezza.
In chiusura voglio segnalarvi questo sito di un'associazione israeliana che si batte contro i soprusi dell'occupazione. Hanno una sede nella città vecchia e spero di visitarla e capiremegliocomelavorano domani odopodomani. L'impegno sociale e politico non è sempre diffuso quello per la difesa dei diritti di altri che molti nostri concittadini considerano nemici mi sembra davveroecomiabile.
2 commenti:
Mi viene in mente una puntata di "Otto e mezzo" di qualche tempo fa dove Giuliano Ferrara affermava che se il muro riusciva a fermare gli attentati allora la sua costruzione era giusta.
A me non sembra che gli attentati ad Israele siano diminuiti semmai è aumentata la povertà del popolo palestinese.
Altra considerazione è perchè l'Europa e soprattutto l'America non sostengono associazioni come quella che hai segnalato che sono critici verso la politica dei loro stessi governi.
A dire il vero gli attentati in Israele sono di molto diminuiti. Quando sono venuto la prima volta, nel 2002, qui a Gerusalemme c'era quasi una bomba al giorno e si respirava un'aria pesantissima.
Oggi gli attentati suicidi non ci sono praticamente piu'.
Probabilmente in parte anche grazie al muro che rende piu' facili e severi i controlli e molto piu' difficili gli spostamenti dei palestinesi, e quindi anche di quelli con cattive intenzioni, assieme alla stragrande maggioranza degli altri.
Le cause sono probabilmente anche politiche. La strategia della seconda intifada (diversa dalla prima delle pietre del 1987), con le sue bomne contro i civili, e' fallita: non ha generato simpatia internazionale verso i palestinesi, soprattutto nel clima post 11 settembre, non ha portato risultati concreti, ha impoverito la popolazione a causa delle ritorsioni e dell'impossibilita' per i lavoratori palestinesi di venire a lavorare in Israele, ha giustificato l'orrore del muro che con la scusa della sicurezza e' stato utilizzato per accaparrarsi nuovi territroi e costruire nuovi insediamenti, soprattutto attorno a Gerusalemme.
La storia va detta tutta: Sharon e' stato cinicamente abile ad approfittarsi della situazione, della debolezza e isolamento dell'Autorita' palestinese, della paura degli israeliani, della nuova politica americana contro il terrorismo; la classe dirigente palestinese e' stata invece inetta, incapace di interpretare la realta' e dare risposte nuove, corrotta, miope.
Non a caso poi il gruppo dirigente di Fatah e' stato sconfitto alle elezioni dalla forza emergente di Hamas! e loro si sono dimostrati ancora piu' incapaci. Avevano la possibilita' di provare ad aiutare il loro popola a Gaza, a creare un minimo di benessere e invece si sono interstarditi con gli inutili missili verso Sderot che hanno solo provacato eccessive e dolore ristorsioni, e con una guerra civile che sta dividendo lo stesso popolo Palestinese.
Purtroppo la storia e' crudele e punisce chi fa scelte cosi' sbagliate (soprattutto come sempre i poveracci, non i capi)!
Posta un commento