Ormai il "caso Gentilini" è esploso da qualche giorno e, essendosi tutto e il contrario di tutto, la polemica inizia a placarsi, come tipico dei fuochi estivi rapidi a divampare, per poi essere presto dimenticati. Io mi sono astenuto dal commentare subito perché nell'assordante confusione di dichiarazioni a caldo le mie avrebbero aggiunto poco o nulla se non confusione.
Qualche riflessione postuma la vicenda la merita.
Il Vice Sindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini, già noto per i suoi esasperati atteggiamenti xenofobi e da sceriffo, venuto a sapere di un luogo di incontri nei pressi dell'ospedale della sua città dichiara voler fare "pulizia etnica di questi culattoni". Naturalmente fioccano subito le proteste della comunità gay, ma, una volta tanto anche del mondo politico da Storace (!) a Calderoli (che pure al termine culattoni sembra essere affezionato), al Presidente della Regione Veneto , Galan, a esponenti della sinistra e dei radicali. Raccoglie però l'appoggio del suo sindaco (Gian Paolo Gobbo) che conoscendolo bene sa che il verace leghista usa sempre un "linguaggio colorito, ma non lo fa con cattiveria, va preso così com'è". Comunque oltre alle generiche condanne verbali non sembra che la dirigenza della lega voglia prendere provvedimenti concreti (del resto sono proprio questi furori verbali e non solo che cerca il suo elettorato) né pare che alla fine ci sia una indignazione tale da costringere il Vice sindaco alle dimissioni. A sua discolpa lo stesso Gentilini spiega le sue ragioni e quindi dice che lui usa sempre il termine "pulizia etnica" per indicare il fare piazza pulita di un problema, che si tratti di "erbacce e pantegane", di immigrati clandestini, o di culattoni... andiamo bene...
Al là dell'accostamento tra "culattoni" è erbacce, già proposto con un certo successo retorico da Himmler per spiegare come andavano eliminati e bruciati gli omosessuali nella Germania nazista, mi sembra gravissimo che un esponente delle istituzioni utilizzi quotidianamente e con tale leggerezza un linguaggio nazista, violento e così evocativo di morte e distruzione. Anziché alleggerire la sua pozione, Gentilini, la aggrava e aggrava quella di tutta la sua amministrazione che, tollerando questo linguaggio incivile, di fatto lo avalla e lo promuove. Davvero un brutto sintomo per la democrazia che questo tipo di linguaggio possa essere "sdoganato" nella quotidianità dei pubblici uffici al punto che il Procuratore della Repubblica di Treviso, Antonio Fojadelli, lo possa addirittura ritenere privo di rilievo penale, abdicando al ruolo di proteggere una intera comunità che viene colpita e offesa anche nella memoria di una tragedia subita direttamente nei lager nazisti. E Allora non ci resta che sommergere la procura delle querele promosse ancora una volta dal Circolo Mario Mieli. Un'azione legale di dissenso e di rifiuto che dimostra il nostro impegno nella tutela dei diritti e anche nella crescite civile di un intero Paese. Un modo per fare capire che siamo stufi di essere facile bersaglio di insulti, attacchi e dileggi che in Italia godono di una sostanziale impunità.
Un altro silenzio assordante è quello del ministro degli interni Amato, che chiamato in causa da Arcigay e da altri esponenti politici e del movimento per prendere posizioni verso l'amministrazione trevigiana rimuovendo dall'incarico il vicesindaco decide di seguire le filosofia delle tre scimmiette e aspettare che le acque si calmino.
Fuori dal coro le amare ma lucide e acutissime riflessioni di Articolo tre, che nel condannare Gentilini, coglie l'occasione per affrontare e criticare fuori dai denti alcuni nodi delle politica italiana e del nostro movimento.
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