venerdì 16 gennaio 2009

Dove va il PD?

La navigazione del Partito Democratico non è mai stata tranquilla. Investito ancor prima del suo battesimo ufficiale da una notevole attenzione mediatica e da una crescente aspettativa dell’opinione pubblica, il Partito, nato dalla fusione di DS e Margherita, ha affrontato pericolosamente il suo primo anno di vita, ma il suo profilo politico appare sempre più opaco e confuso e la crisi latente della leadership è ormai sotto gli occhi di tutti.
I primi problemi vengono alla luce dalla sconfitta elettorale di aprile scorso che ha nettamente indebolito il segretario Veltroni appannandone la sua immagine pubblica di leader vincente e, di conseguenza, il suo ruolo e la sua capacità interna di tenere saldamente assieme le diverse anime di un partito ancora poco coeso. La sua linea eccessivamente morbida e accomodante nei confronti di Berlusconi avversario alle elezioni e, quindi, Presidente del Consiglio, è stata criticata sempre più aspramente, prestando facile fianco alle critiche di Di Pietro e della Sinistra rimasta fuori dal Parlamento e ridando respiro ai suoi tanti oppositori interni, che alle primarie dell’ottobre 2007 si erano dovuti piegare all’onda della sua popolarità. Tanto più che questa strategia del dialogo si è rivelata infruttuosa sia sul piano del consenso elettorale sia sul piano del miglioramento effettivo delle relazioni maggioranza-opposizione, come dimostra l’incapacità di influire realmente sulle scelte principali del Governo e di aprire un serio tavolo di concertazione sulle principali questioni di interesse comune - Alitalia, la crisi economica, le riforme costituzionali, la giustizia – e come certifica l’atteggiamento sempre più sprezzante di Berlusconi, che, non contento dei sondaggi decisamente favorevoli, non perde occasione per sbattere platealmente in faccia le porte a Veltroni e al PD.

Su quasi tutti i provvedimenti governativi che hanno suscitato critiche o perplessità - come il Lodo Alfano e i progetti di riforma della giustizia, i tagli e la riforma della scuola, gli interventi pesanti in materia di sicurezza e libertà personali, la gestione del passaggio di mano di Alitalia - l’opposizione offerta dal PD è stata blanda e poco incisiva, sempre surclassata in visibilità, incisività e chiarezza dalle vivaci iniziative dell’Italia dei Valori. Anzi, proprio i rapporti sempre più controversi con il partito di Di Pietro sono diventati presto un altro nodo problematico sull’agenda di Veltroni, combattuto tra la salvaguardia di un alleanza sempre più litigiosa e problematica e le sirene berlusconiane che puntano a escludere dal confronto parlamentare un personaggio scomodo attraverso l'accusa di “massimalismo” o “giustizialismo”. Così, mentre il PDL riprende a esercitare una capacità attrattiva, il PD si divide persino nella gestione delle alleanze che gli sono comunque indispensabili per sperare di vincere le prossime tornate elettorali amministrative. Mantenere in piedi il difficile rapporto con Di Pietro, che grazie ai suoi toni più marcati, drena consensi proprio al PD? Riaprire al variegato mondo di una Sinistra in cerca di autore? Oppure spostarsi ulteriormente verso il centro alleandosi con l’UDC di Casini?

A ben guardare però i problemi del Partito Democratico, compreso il nodo delle alleanze, affondano le sue radici in una serie di questioni mai risolte e legate alla sua stessa origine. In primo luogo, l’unione di DS e Margherita non sembra originata da una reale condivisione di ideali e cultura politica, ma, semmai dalla convinzione strategica di voler creare una forza con “aspirazione maggioritaria” capace di conquistare e gestire il potere marginalizzando gli alleati scomodi dei partitini di sinistra e, in parte, di centro. Questa scelta è stata gravida di conseguenze quasi sempre negative per il PD. Molte scelte centrali, come quelle legate alle questioni etiche, alla laicità, ai diritti civili che di solito sono fondamentali per dare un definito profilo identitario a una formazione politica, sono diventati dei veri e propri tabù sui quali non si è più in grado di pronunciarsi e regna una pace armata tra l’anima social-riformista e l’anima cattolica (TeoDem) e popolare. Allo stesso modo, è diventato assai difficile dirimere la questione della collocazione europea tra le fila del PSE. Al punto che al momento le opzioni un po’ surreali sono quelle di creare un nuovo gruppetto europeo alleato o federato al PSE o, addirittura di lasciare liberi gli eletti del PD di andare a collocarsi nel gruppo che più ritengono opportuno nel Parlamento europeo, andando probabilmente a sparpagliarsi tra PSE, Popolari Europei e ALDE. Ma su quasi tutte le questioni grandi e piccole si registra nel PD o una varietà di posizioni e sfumature da torre di Babele o per l’inverso l’appigliarsi a formule tanto vaghe e fumose da risultare concretamente incomprensibili, come, ad esempio sulla riforma della giustizia, sulla quale le dichiarazioni del PD si limitano a un richiamo di rispetto del dettato costituzionale senza lasciare intendere quali siano poi le proposte e le soluzioni concretamente sostenute.
L’eredità della fusione lascia anche a tutti i livelli, dalla periferia al centro, una dirigenza pletorica presso la quale regna ancora, a oltre un anno dalla nascita, la logica della spartizione paritaria delle posizioni tra ex Ds ed ex Margherita, per non parlare delle ulteriori divisioni correntizie tra Dalemiani, Veltroniani, Rutelliani, Prodiani, e via dicendo, capaci di offrire uno sconfortante spettacolo di divisioni le cui ragioni di contenuto politico, ove esistono, appaiono poco leggibili agli elettori e persino a molti militanti, dando quindi l’impressione di un permanente contrasto interno per le posizioni e per il potere che disorienta persino gli osservatori più attenti. In questo quadro fosco i decantati strumenti di democrazia interna, quali le primarie, sono diventati oggetto di contesa, applicati di malavoglia o a macchia di leopardo, oppure trasformati in meri strumenti di investitura delle scelte già calate dall’alto. Finanche la continua riproposizione da parte della stampa dell’eterno confronto, vero o presunto, tra Veltroni e D’Alema (già visto nei Ds degli anni ’90) diventa più che altro il simbolo e la rappresentazione di un partito che non riesce a proporre soluzioni alternative ai tanti problemi italiani e che si ripiega su se stesso, si parla addosso ed è incapace di rinnovarsi e proporre all’attenzione dei media una nuova leadership.

Le complicazioni più grosse alla navigazione del PD, però, stanno venendo da quelle che fino a qualche anno fa erano il fiore all’occhiello del Centro Sinistra: le amministrazioni locali. I primi problemi sono emersi già durante la campagna elettorale con la questione della spazzatura napoletana per settimane sulle prime pagine dei giornali e il presidente della Regione Campania, Bassolino, sul banco degli imputati. Poi, il primo durissimo colpo è giunto sin da subito con le elezioni di primavera e la perdita di Roma, già governata proprio da Veltroni, la sconfitta del rientrante Rutelli e il trionfo di Alemanno. Una batosta psicologica e di immagine che ha lasciato lunghi strascichi e recriminazioni, perché al centro delle critiche è stata messa proprio la gestione dello stesso sindaco Veltroni, con l’enorme debito della città sbandierato come un trofeo dal vincitore, la questione aperta del cosiddetto sacco edilizio delle periferie, e la psicosi sicurezza utilizzata come testa d’ariete. Insomma quel modello Roma che era quasi il simbolo dell’ascesa veltroniana si è improvvisamente sgonfiato come si trattasse solo di una delle colossali scenografie di Cienecittà, tramutandosi in un vero e proprio boomerang.

Quindi sono arrivate anche le inchieste giudiziarie a travolgere prima la Regione Abruzzo governata da Del Turco – subito dimessosi - e poi a colpire pesantemente diverse amministrazioni locali simbolo, da Napoli, alla Campania di Bassolino, a Perugia, a Pescara, alla Firenze di Dominici e delle ordinanze anti accattonaggio. Uno tsunami giudiziario che rischia di scompaginare definitivamente il neonato Partito Democratico privandolo delle leadership locali e di ogni residua credibilità e superiorità morale. Tanto che lo stesso Berlusconi, col fiuto politico che gli è proprio, si è fiondato su questa nuova emergenza dichiarando che nel PD è aperta una “questione morale”. La verità è che, al di là della effettiva consistenza e del corso che faranno queste vicende giudiziarie, nel momento in cui a guidare l’azione degli amministratori e dei leader politici non ci sono più né forti motivazioni ideali o etiche, né lo spirito di servizio verso i cittadini, ma semplicemente la ricerca del potere per se stesso e per la sua gestione, che sembra essere l’unico collante del PD, è inevitabile che anche i sindaci perdano il contatto con la dimensione reale dell’amministrazione, puntando alla gestione del consenso elettorale, e personale, attraverso un esercizio feudale del potere, con la concessione di regalie e la costituzione di reti e intrecci di potere politico-economici che facilmente assumono contorni opachi, politicamente e moralmente condannabili o equivoci. Comunque vadano a finire queste inchieste si può esser certi che anche la positiva “stagione dei sindaci” volge a rapida conclusione.

A questo punto il Partito Democratico non più attendere nel concludere la fase costituente e nel definire un rapido cambio di rotta che chiuda questa empasse negativa. La soluzione probabilmente più radicale, traumatica e difficile, ma forse l’unica in grado di dare una vera svolta, sarebbe quella di un congresso anticipato a prima delle elezioni europee di giugno, con le dimissioni di Veltroni, che si è dimostrato nei fatti incapace di traghettare il Partito in questa fase così difficile.

Anche questo potrebbe non bastare perché è dubbio che un leader nuovo, privo anche del carisma e dell’investitura dal basso di cui godeva l’ex sindaco di Roma alle primarie di ottobre 2007, possa riuscire laddove un leader navigato ha fallito. Ma il primo vero test elettorale quello della regione Abruzzo tornata alle urne dopo le dimissioni di Del Turco, è un chiaro campanello di allarme.

Se Veltroni terrà testa alle critiche e alle avversità ad attenderlo c’è l’importante prova elettorale delle europee, e certamente, in vista di quell’appuntamento, dovrà mettere in campo una nuova strategia e un rilancio dell’azione politica del Partito. Quella sarà inevitabilmente la sua ultima prova di appello. Se riuscirà a riportare il PD sopra il 30% potrebbe riuscire a placare le critiche e, quindi, a riprender un percorso che al momento sembra essersi interrotto, viceversa, una nuova sconfitta potrebbe mettere la parola fine alla sua esperienza come segretario e, non è da escludersi, anche a quella del Partito. Se i risultati fossero particolarmente negativi, infatti, la difficile convivenza delle sue diverse anime potrebbe facilmente trascendere in una guerra aperta di tutti contro tutti di cui l’unico vincitore certo sarebbe ancora Berlusconi.

Andrea Maccarrone
(Articolo pubblicato su Progress on line)

giovedì 15 gennaio 2009

Omosessualità e Islam al Circolo Mario Mieli

Comunicato Stampa
Omosessualità ed Islam al Circolo Mario Mieli

Domenica 18 gennaio alle 17,00 Il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli organizza, nella sua sede di via Efeso 2A - Roma, un interessante incontro di approfondimento e confronto sul tema “Omosessualità e Islam”.
Se ne è parlato molto nelle scorse settimane anche a proposito della proposta di depenalizzazione universale dell’omosessualità presentata dalla Francia e dall’UE all’Assemblea delle Nazioni Unite, ma è sicuramente utile ricordare come al di là degli aspetti penali ci siano molte implicazioni sociali e culturali che differenziano i vari paesi arabi e islamici tra di loro e che, ormai, toccano da vicino anche l’Italia e l’Europa, per la presenza di ampie comunità di immigrati.
A discuterne con noi, Brian Whitaker, per anni inviato del Guradian in diversi Paesi del Medio Oriente e autore di “L’Amore che non si può dire, Storie mediorientali di ragazzi e ragazze” ; Giorgio Gigliotti, scrittore e giornalista, collabora con diverse testate e ha vissuto sette anni nel Magreb, autore di “Hotel Allah, Racconti dall’Islam”; Daniele Salaris, giovane documentarista che presenta il suo “the Beirut apartment” sulla condizione di alcuni giovani gay e lesbiche libanesi; Francesco Gnerre, professore di Teoria della Letteratura all’Università di Tor Vergata di Roma.
Sono stati invitati anche esponenti di associazioni arabe.
Durante l’incontro oltre al documentario di Daniele Salaris sarà proiettata la raccolta di foto e immagini “Passaggio dall’Islam” di Giorgio Gigliotti.

Brian Whitaker, giornalista del Guardian, Giorgio Gigliotti, Daniele Salaris, presenti al nostro incontro, con l’ausilio di diverse forme espressive – il saggio, il documentario, il racconto letterario – ci offriranno lo spunto per trattare un tema molto attuale, poco trattato e ancor meno conosciuto. Come è vista l’omosessualità nel mondo islamico e, come vivono gli omosessuali nei paesi e nelle comunità islamici. Grazie all’esperienza di questi osservatori particolari che hanno avuto modo di conoscere e vivere direttamente quel mondo potremo accrescere la nostra consapevolezza di una realtà dura, ma anche molto sfaccettata e spesso vista con gli occhi del pregiudizio e dello stereotipo.
Sono invitati e saranno ospiti esponenti di associazioni arabe musulmane romane.

-The Beirut Apt. documentario di Daniele Salaris.
Il piccolo spazio di un appartamento racchiude tematiche di scala internazionale in questo intimo documentario. La legge libanese condanna le persone LGBT, rendendole vulnerabili di minacce e attacchi - anche dalla polizia - scoraggiandone ogni denuncia. Con riguardo alla sicurezza degli intervistati è stato affittato un appartamento dove questi potessero parlare liberamente. Ne emerge uno spaccato della scena queer in Libano, descritta da ragazzi arabi di diverse fedi religiose e background culturali. Dall’infanzia trascorsa in una zona di guerra agli Hezbollah e al rinnovato conflitto con Israele, questioni d’identità, sicurezza e libertà si combinano con tematiche di sessualità e di genere. Nonostante le differenti culture di origine queste eloquenti individualità condividono la lotta per vivere autenticamente in una cultura che nega la loro esistenza.
-L’Amore che non si può dire, Storie mediorientali di ragazzi e ragazze, di Brian Withaker (ISBN edizioni).
L’inchiesta di Whitaker, costruita attraverso interviste e testimonianze dirette, spesso rilasciate a rischio di violenze, viaggia in molti Stati (Libano, Egitto, Palestina, Iran e Arabia Saudita), racconta le differenze, i diversi gradi di repressione, di oltranzismo, ignoranza e ipocrisia. Si susseguono decine di storie individuali di dolore, amore e violenza: dai gay palestinesi costretti a rifugiarsi in Israele e accusati, perciò, di collaborazionismo, alla vita nei locali notturni di Beirut, ai siti gay egiziani. Con alcune paradossali sorprese: l’omosessualità è più tollerata in Arabia Saudita, dove c’è la pena di morte, che in Egitto, dove è un "atto immorale". Quanto all’Iran, il presidente Ahmadinejad ha sostenuto che "semplicemente non esiste".
Hotel Allah, racconti dall’Islam, di Giorgio Gigliotti (Edizioni Coniglio).
Presenta il libro Francesco Gnerre. Una manciata di racconti di ambientazione e vissuto arabo. Senza stereotipi e senza banalizzazioni. Raro caso, nella letteratura europea, di uno scrittore occidentale che ha vissuto nei Paesi islamici e ha dedicato la sua vita e il suo lavoro allo studio di Oriente e dintorni, fino a confondersi con essi. Tra “veli” e harem, tra minareti e deserto, tra morti e omicidi, con una scrittura che passa dal poetico al cinematografico, dal giallo all’intimista, si racconta un mondo sconosciuto e fascinoso. Non mancano critiche stringenti agli “assolutismi”, ma l’amore per questa cultura complessa e misteriosa vince con trascinanti e rapinose parole.

Dove: presso la sede del Circolo Mario Mieli, in via Efeso 2/A a pochi passi dalla fermata Metro B San Paolo Basilica.www.mariomieli.org ; mail cultura@mariomieli.org ; tel.: 065413985

Andrea Maccarrone
Direttivo Circolo di cultura Omosessuale Mario Mieli

giovedì 1 gennaio 2009

Buon 2009

Di cuore un buon 2009 per tutti.
Non so per voi, ma per me sarà certamente un anno ricco di novità. Forzatamente si concluderà un lungo ciclo della mia vita e se ne aprirà un altro. E come sempre accade in vista di grandi cambiamenti, tante sono le speranze, tanti anche i timori e le incertezze, tante saranno le scelte importanti da fare.

Diverso discorso per l'aspetto generale. Sinceramente con questo nostro governo e con questa nostra situazione politica generale non ho grandi aspettative dall'Italia e per l'Italia. Dobbiamo cercare tutti insieme di tenere duro e fare il massimo per mettere insieme le premesse dei cambiamenti futuri, non lasciare che tutte le speranze vengano spente e tutti i sogni ci vengano definitivamente rubati.
In questi giorni sono molto rattristato e sconfortato dall'ennesima esplosione di violenza bellica in Palestina-Israele. Amo quei due popoli, quei luoghi e quei paesi, sinceramente, ed è terribile vederli di nuovo avvitarsi in questa infinita spirale di odio, violenze, rappresaglie e crimini. Come sempre le vittime sono i bambini e i più indifesi e non si riesce a capire che proprio la continua risposta bellica, per 60 anni, è quella che alimenta la fiamma dell'odio e del risentimento impedendo un vero costruttivo dialogo e la soluzione stabile dei problemi. Anche quest'anno spero di tornare da quelle parti e di ritrovare tanti amici e una situazione diversa anche di poco più serena. Forse passate le elezioni israeliane e palestinesi, la situazione si sarà stabilizzata e le due parti si saranno tornate a parlare più che a sparare addosso. Certo non è bello assistere a chi gioca con la vita e con le bombe in base a calcoli elettorali e di consenso, ma anche questa è la realtà della democrazia, quando, come da noi, è priva di una vera adeguata classe politica coraggiosa in grado di esprimere scelte e inchiodata, invece, alle paure collettive e ai sondaggi del giorno. Anche in Italia, con la campagna di paura sulla sicurezza e gli immigrati ne sappiamo qualcosa...
Nel frattempo voglio ribadire anche ai miei amici israeliani che non possono pensare di continuare a tenere in ostaggio più di un milione di abitanti di Gaza utilizzando quella potenza di fuoco e ancor più bloccando stabilmente la regolare vita delle persone in quel pezzetto martoriato del Mondo. Gaza non può essere una prigione a cielo aperto in cui la popolazione è vittima dei folli disegni integralisti di Hamas, che si fa scudo di una situazione umanitaria pesantissima continuando a investire risorse e uomini in missili anziché in cibo, scuola, case, attività produttive, ospedali, e poi vittima anche dei blocchi continui dei valichi da parte di Israele ed Egitto e delle bombe e poi dei tank...

il 20 Gennaio entrerà alla Casa Bianca il nuovo presidente americano Barak Obama. Credo poco nelle capacità salvifiche e taumaturgiche di una sola persona, di un solo leader. Ma quella presidenza è l'unica, in questo momento ad accendere le speranze di una nuova stagione della politica americana e globale. Se Obama manterrà fede al suo impegno per l'ambiente e per una diversa impostazione di politica internazionale penso possa essere già un buon inizio e forse, anche grazie al suo carisma e al vento di speranza che accende, riuscirà a dare nuovo impulso anche ai dialoghi di pace in Medioriente che Il pessimo Bush ha affossato con la sua insipienza.

Ancora auguri a tutti di un felice e ricco 2009. Il mio augurio è che siate ciascuno protagonista della propria vita e delle proprie scelte e che ciascuno di noi possa anche dare il suo contributo per positivi cambiamenti nel nostro Paese. Da qualche parte bisogna cominciare a costruire.
BACI!