
Ad essere escluso, non a sorpresa, Marco Pannella, storico leader radicale, che con la sua solita abilità politica e comunicativa a aveva intuito l'attenzione che si concentrava su questo processo controverso e si era lanciato nella corsa con lo scopo dichiarato di portare in dote al nascente partito il patrimonio di laicità e liberismo dei radicali italiani.
A fermare la sua corsa ci ha pensato il Comitato di valutazione delle candidature, supportato dalle unanimi dichiarazioni dei principali leader di Ds e Margherita (Fassino, Rutelli, Veltroni) che hanno giudicato la candidatura dell'istrionico Pannella strumentale e inammissibile in quanto proveniente dal leader di un altro partito, non aderente alla costituente del Partito Democratico.
Sicuramente da un punto di vista sostanziale questa scelta mostra un'atteggiamento di chiusura verso un'esperienza politica diversa e contribuisce a definire un primo profilo identitario di un partito, che finora è apparso poco chiaro.
Sarà un partito in cui le espressioni più radicali di libertarismo e laicità, protagoniste delle battaglie degli anni '70 su divorzio, aborto, riforma del diritto di famiglia, e di quelle attuali sui diritti civili, eutanasia, testamento biologico, non troveranno cittadinanza, neanche al livello di pura testimonianza.
La reazione immediata e stizzita dei principali leader denota del resto un certo fastidio per questa invasione di campo e il fatto che sia stato lo stesso Veltroni, di solito molto prudente, a intervenire decisamente in senso contrario non fa che confermare questa impressione.
Dal punto di vista politico la scelta di Pannella può essere criticata o meno e la scelta della dirigenza di Margherita e Ds è perfettamente legittima perché decide di fatto chi può stare e chi no nella casa che stanno costruendo assieme.
Dal punto di vista delle regole che si erano dati per questo momento la decisione appare immotivata. Consegnate le firme, infatti, la candidatura era tecnicamente ineccepibile, tanto più che Marco Pannella, pur essendo leader e bussola incontrastato dei Radicali Italiani, non ricopre al loro interno nessuna carica dirigenziale ufficiale. Un re, ma senza corona.
In ogni caso è una personalità politica eccentrica e capace di catalizzare forti passioni e grande interesse mediatico. Una personalità che nei delicati equilibri tra Margherita e Ds, principali protagonisti di questo processo aggregativo, può risultare scomoda per la sua storia e per le tematiche che appartenendogli avrebbe sicuramente portato alla ribalta nel corso dei prossimi mesi di "campagna primarie".
La mia opinione è che la scelta, ancora appellabile, sia stata miope. Il Partito Democratico perde un cavallo di razza (che difficilmente avrebbe comunque trattenuto dopo un'inevitabile sconfitta)e soprattutto perde una delle ultime chance di stimolare al suo interno un serio dibattito su quelle tematiche che sono anche care alla comunità GLBT - che attengono appunto a laicità e autodeterminazione delle persone - di cui i democratici non hanno nessuna voglia di parlare.