sabato 5 aprile 2008

Ponte di Calatrava a Gerusalemme: alcune considerazioni sulle scelte urbanistiche lì… e qui

In questi giorni è possibile leggere delle polemiche sorte nel paese in merito al ponte progettato dall’ingegner Calatrava per Gerusalemme.
Ne parlo perché sono stato diverse volte in quella città, che amo particolarmente e dalla storia del ponte voglio trarre alcune considerazioni più generali.
La scorsa estate ho potuto notare i lavori per quest’opera, pensata come ponte di cavalcavia ferroviario nella zona nord ovest della città, nel punto di incrocio tra le importanti Jaffa street e Herzl Road, in direzione Tel Aviv, e non lontano dalla nuova stazione centrale dei bus.
La sua costruzione, che costerà l’enorme (e spropositata) cifra di 70 milioni di dollari, è stata voluta dall’allora sindaco della Città Ehud Olmert, oggi premier israeliano, e viene da molti criticata per l’enorme impatto visivo (alta 120 metri – sarà l’edificio più alto della città), per i costi sproporzionati rispetto all’utilità, per la scelta della location in un’area già terribilmente congestionata di traffico ed edifici e male urbanizzata.
Io non voglio entrare nello stretto merito della scelta ma fare un paio di considerazioni più generali rispetto alla mia esperienza di Gerusalemme e dei suoi abitanti.
1) Olmert è considerato da molti, soprattutto dagli intellettuali laici, uno dei peggiori sindaci che Gerusalemme abbia mai avuto. Il suo mandato è corrisposto a un periodo di forte recessione economica della città, desertificata delle sue componenti più evolute ed economicamente dinamiche, di intellettuali, giovani, laici e lasciata in mano alla componente ultraortodossa e conservatrice e, poi, alla lobby dei costruttori e degli speculatori edilizi. Ad esempio la scorsa estate un gruppo di famglie viveva accampate in tende in una centrallisma piazza perché pur lavorando non potevano permettersi l'affitto di casa. Una situazione a cui il sistema sociale non riesce più a fare efficacemente fronte e che dimostra un notevole deteriomento del tessuto economico.
2) Al di là del caso del ponte, è invalsa a Gerusalemme (come a Tel Aviv) l'abitudine di demolire costruzioni più vecchie per sostituirle con moderne torri vetrate o nuovi palazzi. Questa scelta mi sembra incredibile, soprattutto considerando che ci si trova in una delle città più antiche e cariche di simboli del mondo.
Vero è che la parte "moderna", fuori dalla cerchia delle mura cinquecentesce è stata urbanizzata in tempi relativamente recenti, a partire dalla seconda metà dell’ottocento, ma era ed è pur sempre caratterizzata da quartieri e da uno stile semplice e lineare, spesso molto affascinanti, per esempio pregevoli edifici bahaus, o case basse e sobriamente eleganti magari circondate dal verde.
Invece molte costruzioni, anche centralissime vengono abbattute per far posto a moderni grattacieli e a speculazioni edilizie vere e proprie, spazi verdi o ancora liberi invasi dal cemento. Due casi per tutti: l’anno scorso furono scatenate polemiche per la decisione di edificare nel luogo di un antico cimitero islamico-ottomano, considerato patrimonio culturale Unesco e, ovviamente, caro alla comunità palestinese, collocato tra l’altro proprio vicino al centralissimo parco dell’indipendenza, non lontano da Ben Yehuda street e dal famoso hotel King David; assurda mi è parsa la decisione di costruire una moderna zona commerciale, per quanto onestamente dallo scarso impatto visivo, proprio sotto le mura della città vecchia, immediatamente fuori dalla Porta di Jaffa e in un’area prima libera da costruzioni (e ricca di resti archeologici) che offriva uno splendido colpo d’occhio alla rocca della città per chi veniva dalla strada di Bethlehem. Una scelta urbanistica che giudico assolutamente miope e incosciente.
Non sono tra coloro che pensano che le città storiche debbano essere lasciate come dei musei vuoti del tutto intangibili e morti, indifferenti a qualsiasi moderna esigenza o sensibilità, ma credo che ci debba essere più rispetto per la bellezza, il paesaggio e l’ambiente che sono patrimonio di tutti e meno per gli interessi degli speculatori.
E il discorso vale per Gerusalemme, ma ovviamente per le nostre tante città d’arte e per i tanti piccoli ma preziosi paesi e panorami che caratterizzano il nostro paese e la nostra storia!
Mi sembra triste notare come in Italia fino a 70 anni fa c’era comunque un gusto per il bello che oggi sembra abbandonato (contrariamente ad altri paesi) . In passato persino le costruzioni popolari o le case operaie avevano una certa cura dei particolari e certi obbrobri di caserme o alveari umani (come quelli fioriti nelle nostre periferie) erano semplicemente inconcepibili.
Nonostante la passione per il nuovo e un'edificazione accelerata, devo dire che in questo in Israele stanno meglio di noi, la qualità dell’edilizia anche contemporanea e popolare rimane in media decisamente superiore a quella cui siamo abituati, e spesso persino sorprendentemente gradevole. Quell’area commerciale sotto le mura non è brutta, in assoluto, ma semplicemente inappropriata nella collocazione. Pity!
Per concludere un'altro piccolo parallelo che avvicna Gerusalemme alla nostra Firenze. Anche Gerusalmme ha scelto (anche lì non senza polemiche) di avere una linea di tram, che passerà per il centro della città, in questo caso vicino alle mura nel'angolo della Porta Nuova (New Gate)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

C'è anche da dire che in Italia, vuoi anche per motivi storico-culturali, abbiamo un rapporto oserei dire *feticistico* con l'edificato che non si è visto da nessuna parte in Europa, meno che mai nel nord america dove si progetta consapevoli (anche nelle modalità di costruzione e nella scelta dei materiali) del limite di vita dell'edificio che si sta mettendo su (ovvio che non mi riferisco ad edifici di valenza storico-monumentale). Nel demolire e ricostruire, laddove il gioco vale la candela, non vedo nulla di male...e fortunatamente neanche i PRG più recenti che offrono dei premi e degli incentivi per operazioni di questo genere. Anche qui, come sappiamo esser per tante cose in terra nostrana, è questione di abitudini, di mentalità, di cercare di vedere le cose da un altro punto di vista ed abituare, o meglio educare le persone a farlo.

Discorso simile per il ferro. Per anni ci hanno scoglionato con il fatto che le nostre città eran soffocate dai cavi tramviari, hanno speso una marea di soldi per eliminare tutto e riconvertire le strade alla gomma. Ora che dobbiamo vendere un rene per due litri di benzina e che le polveri sottili ci hanno regalato tanti ictus e tumori ci siamo accorti che dobbiamo fare la cura del ferro spendendo una barca di soldi per ripristinare i vecchi tracciati (vedi la vecchia via Nazionale, guarda com'è diventata e vedrai come tornerà). A me i tram non dispiacciono. Son comodi, veloci, pratici e non inquinano. A Roma in alcune zone (anche del centro), nonostante gli smantellamenti del passato, hanno sempre resistito e non credo che la città abbia subito un qualche danno causa la loro presenza...tutt'altro.
E questo credo lo sappiano anche i fiorenini...(e poi un tram in piazza S. Giovanni a Firenze non mi sconvolgerebbe più di tanto)

Sulle "archi-star" ed "ing.-star" non mi pronuncio. A volte osano tanto, facendo anche tante cazzate, per carità, fin troppo consapevoli che le loro, prima ancora che costruzioni, siano diventati gesti artistici.
Poi succede che, proprio per citare il sig. Calatrava a Venezia, rischi di buttare milioni di euro nel Canal Grande...

Andrea Maccarrone ha detto...

Andrew,
concordo con te su tante delle cose che dici, anche sulle demolizioni e ricostruzioni. Io lo farei con certi quartieri venti su in modo un po' troppo "rapido" negli anni '50 - '70 in molte nostre città.
Però ti faccio un esmpio che conosco bene. Vicino Catania, il paese di Acitrezza è stato VIOLENTATO da una politica speculativa. Del borgo di pescatori descritto da Verga, ma anche di certe ville con parco non c'è più nulla. Hanno lasciato il posto ad anonime palazzine frontemare per secnde case di vacanza. Il lungo mare e la vista dei faroglioni è stata sepolta dal cemento e sai ristorantini estivi con conseguenze anche sul traffico delle inadatte strade sommerse nei week-end estivi.
A Catania città, la mia città, in centro un'intero quartiere popolare di casette basse e semplici è stato sventrato negli anni '60 per far posto a un ampio corso e a enormi blocchi di cemento delle banche.

Quanto ai tram sono d'accordo con te, tanto più che oggi le tecnologie consentirebbero di farli anche senza i fili sospesi. E infatti non ne criticavo la scelta neanche per Gerusalemme.

Altra cosa certi grattacieli (che cambiano proprio il panorama urbano) e per i centri commerciali. Cosa penseresti se decidessero di costruire un centro commerciale a colle oppio, con vista Colosseo? o tra i fori romani? Potrebbero anche farlo in stile antico romano ma sarebbe pur sempre nsopportabile.

Anonimo ha detto...

Attenzione Andrea (Maccarone intendo!). Non confondere la speculazione urbanistica con l'architettura e la crescita urbanistica. E' vero, Acitrezza è stata deturpata e Catania altrettanto ma quelli sono esattamente gli esempi di ciò che non si dovrebbe fare. D'altro canto lo sviluppo non dovrebbe essere quello ma una visione diversa del futuro urbanistico, magari illuminato e un po' sfrontato.
Pensaci un attimo: quanto deve essere stato "sconvolgente" veder distruggere una antica chiesa paleocristiana, semplice e importantissima. Quello sventramento, però, ha prodotto San Pietro. Parimenti deve essere stato un abuso distruggere la volta stellata della cappella privata del Papa salvo poi veder nascere la Cappella Sistina con gli affreschi di Michelangelo. Stessa cosa si può dire per edifici "laici" che hanno distrutto parte di un borgo medievale affacciato sulle campagne costellate di vestigia romane per far nascere il Campidoglio, o, per rimanere in Sicilia, veder distuggere un tempio romano per vedere poi nascere il duomo!
Con questo voglio dire che, purtroppo, in Italia siamo tristemente avvezzi a vedere le nostre città deturpate da pessime architetture moderne che hanno indotto molti a voler rifiutare qualsiasi segno di novità.
Concordo con Andrew: bisogna educare le persone, ma prima bisogna educare le pubbliche amministrazioni a fare un salto nel nostro secolo.
Pensiamo solo un attimo a come e quanto viene stravolta Parigi continuamente o a come doveva sembrate deturpante il Flatiron nella New York d'inizio secolo. Quello stesso edificio che ora appare come un monumento antico nella città moderna.

Non imputiamo le colpe di tanta bruttura agli architetti quanto piuttosto alla miopia delle aministrazioni italiane.