Non è difficile farsi trascinare dall'entusiasmo e vedere nell'elezione di Obama, primo afro-americano, alla presidenza degli Stati Uniti un grande slancio di cambiamento e speranza per un futuro migliore.
Un successo che simbolicamente chiude la parabola dello schiavismo e del segregazionismo (ma i problemi nella profonda provincia americana non sono tutti superati) e che traghetta finalmente l'America nel nuovo secolo, rilanciandone anche il mito di terra dei sogni dove ogni cosa, solo a volerla veramente, è possibile.
La cappa di paura del bushismo può essere adesso spazzata via dalla speranza del cambiamento e contribuire a iniettare nel sistema complessivo quell'ottimismo indispensabile - ma non sufficiente - per venire fuori dal disastro economico che attanaglia l'America e il Mondo.
tra l'altro l'ampia maggioranza di cui il nuovo presidente disporrà sia alla Camera dei Rappresentanti che al Senato gli consentiranno di disegnare con molta libertà le sue politiche e, al contempo gli daranno più responsabilità.
Che ci aspettiamo adesso?
1) Una decisa svolta in politica internazionale con maggiore attenzione al multilateralismo e minore enfasi militare per la soluzione dei problemi. Le principali sfide si concentrano in Medio Oriente (Iraq, Afghanistan, Iran, questione israelo-palestinese, Libano e Siria), ma grossa attenzione richiedono i rapporti con la Russia e con la Cina.
2) Ambiente. Bush si è sempre rifiutato di sottoscrivere gli accordi di Kyoto sulle emissioni. Adesso l'adesione degli USA darebbe nuovo slancio e nuova credibilità alla necessaria politica ecologica, possibilmente andando anche oltre Kyoto, puntando sia al risparmio energetico che alle nuove fonti alternative di produzione dell'energia.
Se l'America darà l'esempio anche l'Europa - Italia inclusa - potrà perseguire questi obiettivi con più coraggio e convinzione e anche la Cina e l'India potrebbero decidersi a fare qualcosa.
3) Obama dovrà anche chiudere per sempre con le leggi speciali, le paranoie della sicurezza, i campi di prigionia di Guantanamo, le torture, le extraordinary renditions e tutte quelle politiche che hanno pesantemente macchiato l'immagine degli USA come terra della libertà e dei diritti civili.
4) Infine un maggiore accento sulle politiche redistributive e sociali potrebbe contribuire a chiudere il lungo trentennio dell'iper-liberismo senza regole per restituire, dappertutto, Un giusto ruolo sociale e di regolatore allo Stato e alle autorità pubbliche, soprattutto a protezione dei più poveri e dei lavoratori, impotenti di fronte allo strapotere delle grandi multinazionali e dei potentati finanziari.
La nota negativa riguarda invece i referendum che miravano a inserire norme costituzionali contro i matrimoni omosessuali in California in Florida e in Arizona.
Al momento gli integralisti sembrano averla vinta, anche se con percentuali decisamente inferiori che in passato.
Una rivincita di quell'America profonda, tradizionalista e intollerante, che, se non ha impedito al primo afroamericano di diventare Presidente, si è presa per lo meno questa consolazione.
La sconfitta sulla Proposition 8, brucia particolarmente in California dove già oltre 11.000 matrimoni omosessuali erano stati celebrati e dove lo scontro aveva assunto maggiore asprezza e un maggior valore anche simbolico.
Adesso rimane la speranza che il nuovo sguardo verso il futuro che Obama saprà dare agli USA finisca per propagarsi in profondità nei sentimenti popolari, contribuendo a scelte diverse anche su queste tematiche.
(Articolo pubblicato su Progress on line)
mercoledì 5 novembre 2008
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