mercoledì 20 febbraio 2008

Il Piombo senza il ‘68

Mi rendo conto che il titolo è un po’ duro e forse un po’ criptico e va spiegato, quindi cercherò di esporre una mia sensazione piuttosto brutta nel modo più conciso e chiaro che posso.

Molti di voi hanno sentito o letto dell’incendio doloso al locale Coming Out di Roma, un piccolo bar con vista sul Colosseo che ormai da anni anima le serate e anche i pomeriggi di tantissime ragazze e ragazzi omosessuali e dei loro amici divenendo punto di ritrovo e di incontro visibile e allegro della comunità GLBT della Capitale. Sicuramente un gran brutto segnale di intolleranza verso la diversità e la convivenza (pur in assenza di una rivendicazione come ricorda giustamente Fabio), che in tanti abbiamo subito denunciato anche in assenza di adeguati spazi di informazione.

Ma questo non è il primo né l’unico segnale che va in questa direzione. Le stesse proprietarie del Coming hanno segnalato altre minacce e intimidazioni, e nei mesi e negli anni scorsi gli episodi di aggressione o bullismo nei confronti di gay, lesbiche o presunti tali si sono moltiplicati a Roma e in tutta Italia, tanto che già alla vigilia della scorsa estate ero stato chiamato a scrivere due articoli - uno su Queer e l’altro su Liberazione - proprio sulla crescente omofobia che colpisce il nostro Paesee indacndone alcune possibili concause. Non possiamo dimenticarci di citare anche noti esponenti politici e religiosi, che in tutta tranquillità esprimono concetti di un razzismo e di una pericolosità agghiaccianti, o talvolta più subdolamente sottili nella loro carica di odio discriminante e, forse per questo, anche più pericolosi.

Ma naturalmente questo tipo di segnali non sono univoci nel colpire soltanto omosessuali e trans:
ricordiamo l’omicidio di Renato Biagetti a Focene, altre bruttissime e sempre più frequenti aggressioni dal sapore squadrista, come, sempre a Roma, l’assalto a un concerto a Villa Ada, o a centri sociali etc. Tra l’altro proprio nei pressi di via Salaria c’è un circolo di Forza Nuova, davanti al quale mi capita frequentemente di passare sull’autobus e noto spesso decine di giovani dalle teste rasate e i giubbotti di pelle nera dall’aria decisamente poco rassicurante, che tranquillamente e indisturbati svolgono e progettano le loro “attività”. E che io sappia non non è certo l'unico.

Proprio lo stesso giorno dei fatti del Coming, leggo sul giornale di un assalto che ricorda, almeno dalle prime descrizioni di cronaca, la tecnica dell’agguato premeditato sotto casa. Un ragazzino di soli 17 anni dell’Aristofane è stato aggredito da due giovani più grandi di lui, a volto coperto e muniti di tirapugni.
La coincidenza mi ha davvero colpito e mi ha fatto pensare: "eccoci tornati al tanto evocato clima di violenza degli anni di piombo", degli scontri tra bande divise su base ideologica che vengono tanto spesso evocati, a sproposito, per ricordare e condannare il ’68, evocandone soltanto questi epigoni violenti (negli anni ’70 e ’80) dimenticando tutto quello che hanno significato quegli anni per i giovani di allora, per il pacifismo, come primo esempio di un vero movimento globale di massa (anche il riferimento di Sciltian al fare del brutto segnale del Coming la nostra Stonewall richiama quegli anni - il 1969 newyorkese per l'esattezza-rilanciandoli in chiave positiva però, come voglia di riscatto).

Ma a ben vedere la similitudine si ferma qui, o meglio non arriva neanche qui, perché oggi non ci sta più la contrapposizione ideologica dei giovani ma sono rimasti solo dei gruppi violenti pronti a prestarsi a presunte ideologie, di solito di destra, fornendo il loro braccio ingenuo e violento a ben più pericolosi personaggi (che spesso ne traggono vantaggi economici).
Il mondo non è più diviso in blocchi contrapposti e le ideologie sembrano sparite dagli orizzonti della maggior parte dei giovani e anche delle vecchie generazioni (comprese quelle del '68 che oggi, al potere, dimostrano ben poca fantasia!); anche gli ideali sembrano spesso morti e sepolti assieme alle ideologie e non si registrano ampli confronti sociali, rivolte studentesche, confronti con la polizia, forti reazioni morali contro le ingiustizie sociali o la guerra, forte slancio di cambiamento al basso. Anche quando ci sono manifestazioni o mobilitazioni, per quanto nemericamente oceaniche, rimangono episodi isolati soprattutto culturalmente, marginalizzati e ghettizzati e presto dimenticati (noi gay ne abbiamo fatto le spese col Pride del 16 giugno a Roma, archiviato dai media e dal confronto politico prestissimo). I diritti dei lavoratori, acquisiti con fatica negli anni Settanta, vengono pian piano erosi con il loro stesso consenso, e senza suscitare i grandi scandali o le forte reazioni che potremmo attenderci, sul fronte dei diritti civili e individuali si registrano arretramenti culturali e attacchi concentrici e sempre più decisi, come nel caso della legge 194, sull’aborto, la legge 40 sulla fecondazione assistita, le norme sull’immigrazione con i CPT, il diritto di famiglia.

Insomma ci sembra di arrivare a una situazione anche psicologica di paura e di tensione senza che ci siano nemmeno state le premesse di “liberazione” e cambiamento, senza quella ventata di aria nuova, di carica di rinnovamento i di sovvertimento degli ordini socio-culturali preesistenti.

A subirne le conseguenze, al momento, sono quelle frange più esposte e isolate, come la comunità GLBT - come noto divisa e ancora molto sommersa - più facili per le loro caratteristiche da individuare e colpite senza suscitare una reazione compatta e diffusa da parte della società civile.
Nella stessa condizione di fragilità si trovano gli immigrati, in particolari rumeni e i clandestini, che possono essere facilmente additati anche da politici con pochi scrupoli come i responsabili dell’insicurezza e dei mali italiani, comprendo così molte colpe che essi stessi hanno nella cattiva amministrazione. Poi, naturalmente, i giovani dei centri sociali, che per i loro modelli di socializzazione e attivismo politico sono sempre più allontanati dal resto della società che è cambiata e non riescono a dialogare più con ampi settori giovanili da cui sono e si sentono estraniati, se si fa eccesione per certi aspetti edonistici a volte enfatizzati.
Tutti gli altri non possono chiamarsi fuori, però. Il pesante clima di insoddisfazione, di disaffezione per certi linguaggi politici, un certo disincanto disimpegnato, una mancanza di reazioni di fronte ad esempi di esempi di corruzione e malcostume politico, di incoerenza e incapacità di connettersi coi bisogni e le aspettative più diffuse o di dettare nuove aspirazioni e speranze per il futuro rischiano di essere infatti un bruttissimo terreno di coltura per non oso immaginare che!
E gli esponenti politici? Come vediamo sono pronti a stracciarsi le vesti quando qualcuno, di fronte alla loro distanza e incapacità ad affrontare i problemi concreti, invoca il non voto, stigmatizzando il qualunquismo e "l'antipolitica". A parte il fatto che io contesto che la poltica si faccia soltanto nelle urne (anche se il momento elettorale nella fisiologia delle nostre democrazie è un momento centrale e supremo), non è forse proprio il loro continuo parlarsi addosso ad allontanre i cittadini? Spesso proprio quelli che per il loro desiderio di impegno fattivo non trovano veri sbocchi nel nostro sistema. queste reazioni io le dinirei non antipolitica (perché a ben vedere derivano da uno sguardo preoccupato e interessato alla realtà polotica), ma "antipolitici" cioè di opposizioni alla maggior parte dei politici italiani.
Certo la soluzione ai nostri problemi non può essere l'Aventino e l'autoeslusione (se non percepito come eccezione alla regola. avrebbe avuto senso votare per il listone unico del fascismo se non quello di esprimere adesione e di rafforzare un regime?), ne si può gioire di perdita di fiducia nelle istituzioni democratiche, perché questo va a costituire un ulteriore tassello di quel buio quadro che tratteggio.
Certo se la nostra scelta si dovesse ridurre o riassmere al Venditore di Tappeti Berlusconi e al Pifferaio Magico Veltroni non basteranno le mollette per il naso per condurci alle urne!
Contro la "battuta" di Fiorello sulle schede elettorali e i rifiuti di Napoli è più efficace la condanna verbale da parte di uno screditato mondo politico o un deciso tentativo di prendere in mano la situazione? o atti di coerenza, come l'ammissione delle proprie responsabilità di governanti e la presa d'atto delle conseguenze inevitabili?

Non mi piace spararla grossa, non mi piace fare la Cassandra o il profeta di sventure, le mie non sono analisi articolate ma piuttosto un’insieme di sensazioni, di percezioni, di preoccupazioneun po' confuse forse, che però volevo condividere.
Preciso anche che non voglio offendere chi quegli anni li ha vissuti o li conosce più a fondo e, magari giustamente, mi dirà che il mio paragone è azzardato, campato in aria frutto di farneticazioni, ignoranza, impressioni errate. Ammetto sin d'ora tutte le mie colpe e ribadisco più che un'analisi storica si è trattato di formalizzare una sensazione.

Quando martedì mattina sono andato al Coming a vedere cosa era successo e a dare una semplice gesto di vicinanza e di solidarietà alle ragazze, mi si sono strozzate le parole in gola ed è affiorata una lacrima, nonostante loro fossero state eccezionali rimettendo a posto la maggior parte delle cose e celando la vetrina rotta.
Quella lacrima conteneva queste riflessioni.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ok, devo rileggerlo con calma, magari dopo il caffe...
per il momento, sai dirmi qualcosa delle indagini - che immagino si stiano facendo - per i fatti del coming? mi basta sapere con certezza che il fatto è doloso, poi pensiamo a chi possa essere stato (anche se abbiamo più o meno tutti una nostra idea)...
mi spiace cmq che venerdì non potrò esserci, ma il compleanno del babbo con festa annessa con tutta la famiglia capirai che viene prima di ogni altra cosa :)
Fab

Andrea Maccarrone ha detto...

Ci sono delle indagini di cui non so nulla, ma dal racconto delle propritarie del Coming risulat che è stato messo del liquido infiammabile e della carta incendiata nella fessura della posta, proprio in corrispondenza del cestino dei rifiuti. Quindi queso principio di incendio si è svilupato nello spazio tra serranda metallica e porta a vetro (che si è rotta per il calore).