Ecco due belle foto (Photo1: Noa Raz; photo2: Gil Yoanan) del Pride che si è svolto stamattina a Gerusalemme.
Già il semplice fatto che, nonostante le mille polemiche e l'opposizione feroce degli ultraortodossi, si sia svolta una marcia all'aria aperta, pacifica e senza incidenti, al centro della città è un successo. Soprattutto considerato il grave smacco che gli organizzatori del Jerusalem Open House avevano dovuto subire lo scorso novembre, quando, dopo innumerevoli rinvii, si erano dovuti rassegnare a celebrare l'agognato World Pride al chiuso di uno stadio universitario.
Speriamo che non si tratti di una vittoria di Pirro, che venga umilata dall'eventuale approvazione alla Knesset (parlamento israeliano) di una legge, già in discussione, che proibisca per il futuro di svolgere il Pride a Gerusalemme. Sarebbe un duro colpo non solo per la comunità GLBT israeliana, ma per la stessa immagine di laicità di Israele, e per la sua democrazia. La sua qualità di eccezione democratica dell'area mediorentale verrebbe inevitabilmente offuscata e surclassata, per esempio, dalle immense folle che a difesa della laicità dello Stato si sono mobilitate in Turchia.
Dal momento che anche quest'estate non vedo l'ora di tornare a Gerusalemme, città che amo profondamente e che è soprendentemente viva e carica di una magia stupefacente, sono contento di poter andare a complimentarmi di persona coi ragazzi e le ragazze del JOH che lavorano in un contesto non facile per i diritti con enorme passione e coraggio.
2 commenti:
eccezione democratica? secondo te un paese che si basa sull'apartheid e' democratico? non c'e' dubbio che in israele i gay godano di diritti civili impensabili in altri paesi dell'area ma da li' a definirlo una democrazia direi che ce ne passa. attenzione a non farci abbagliare dalle nostre sacrosante rivendicazioni...
Israele è un Paese pieno di contraddizioni, purtroppo.
Tra l'altro ha un sistema giudiziario complesso, come l'inghilterra non una vera e propria costituzione, non ha il matrimonio civile, vive uno stato di allerta militare permanente con un servizio militare obbligatorio di tre anni.
Al suo interno la minoranza di cittadini palestinesi gode del diritto di voto, ma effettivamente subiscono notevoli discriminazioni sull'accesso a molte professioni, servizi etc... Per non parlare dell'occupazione dei territori.
Tuttavia esiste il voto con suffraggio universale e diretto e pluripartitismo, una informazione più libera che altrove, e ampie sezioni della società hanno la possibilità di contesatre il governo e le sue scelte sulla guerra e l'occupazione appunto. Peace Now esidte da moltissimi anni, esistono associazioni miste di vittime del conflitto israeliane-palestinesi, pluralità religiosa. I kibbutz sono stati per decenni un modello originale di aggregazione sociale ed economica basata sui prioncipi del socialismo.
Io sono il primo a criticare ovviamente, ma salviamo qualcosa di buono se c'è.
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